I PRINCIPI COSTITUTIVI DELLA METODOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE NELLA DIDATTICA
1997
"(..) il parallelo fra Rocco Scotellaro e Piero
Gobetti, così diversi
e addirittura opposti per tante parti della loro
natura, mi pare rivelatore,
non soltanto per l'intensità delle loro
brevi vite, che io ebbi
la fortuna di incontrare, ma perché entrambi,
per diverse vie e con diverso
carattere, mostrarono, in modo esemplare, come
ci si possa formare formando,
come si conquista la propria libertà e autonomia
fuori di sé, negli altri, nel popolo;
e come soltanto in questa rivoluzione formativa
si salvino i valori della storia"
Carlo Levi, maggio 1964
copyright riservato all'autore e a Mariscuola-Taranto
Ogni uomo è, per definizione, 'animale sociale': egli cioè, non potrebbe costituirsi come cifra individuale se non in relazione con l'altro-da-sè, stabilendo una relazione che traccia gli itinerari comuni dell'essere sociale. Ogni vera e autentica relazione è scambio reciproco, e ogni scambio è possibile tramite la comunicazione, l'azione comune, l'azione-insieme, il rapporto interpersonale e attivo, il processo di influenza tra soggetti. La radice del termine latino è esplicita: communis,commune, che appartiene a tutti, che viene messo in azione, dunque è communicatio, comunicazione.
"La radice del termine 'comunicazione' risale infatti ai verbi greci
koinonéo (partecipo) - entrambi chiaramente legati all'idea della
Koinè, della comunità - e al latino communico (metto in comune,
condivido). Le azioni racchiuse in questa cornice terminologica stabiliscono
una connessione basata sul presupposto per cui 'mettere al corrente' qualcuno
vuol dire coinvolgerlo, fino all'instaurazione di impegnativi vincoli comunitari."
[cfr. G.B. Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione, Stampa
alternativa, 1995, pag.20]
Senza la comunicazione, ogni via di inferenza e cioè la personalizzazione
degli eventi/azioni osservati negli altri, e la traduzione/elaborazione
in termini propri, ciò che permette la stessa costituzione della
propria identità e personalità, sarebbe preclusa. Addirittura,
secondo Jaspers, "tutto ciò che non si realizza nella comunicazione
non esiste", per cui non il logòs, pensiero unico e monologante,
ma il dià/logòs, il pensiero-partecipazione comune che scaturisce
da una relazione ed è perciò pensiero dialettico, diventa
presupposto fondante della crescita e sviluppo dell'apprendimento storico-evolutivo.
La comunicazione si esprime soprattutto proprio attraverso l'azione
della relazione/scambio tra soggetti e dunque non va confusa con alcuni
dei veicoli con i quali si connota; nel linguaggio comune, infatti, l'ottimale
comunicazione di un individuo viene identificata dal puro eloquio retorico
formale, ciò che altrimenti viene inteso come dialettica (insomma,
il bel parlare, l'esprimersi correttamente, avere abilità di farsi
ascoltare, serrare le argomentazioni, capacità di repliche e 'battute'
pronte, ecc..). Ma la dialettica reale, che è frutto di pensiero
dialettico, rende solo una variabile l'eloquio retorico, variabile la cui
importanza varia a seconda del contesto.
Quando nella comunicazione è implicato un processo formativo,
quando è presente l'intento educativo, si parla di comunicazione
formativa. In questo caso l'atto comunicativo non è di tipo semplice,
ma di tipo complesso, perché complessa è l'attività
che richiede da parte dei soggetti della comunicazione. La comunicazione
formativa diventa vera e propria comunicazione didattica quando:
- la generazione dell'atto comunicativo è di tipo intenzionale
- l'intenzionalità è diretta ad un fine educativo
generale e al fine di un apprendimento specifico
- richiede un'attività mentale di elaborazione complessa
da parte dei soggetti interni della didattica: il docente, tramite tecniche
e metodi adeguati di insegnamento, come veicolo della struttura logica
oggettiva; il discente, tramite l'attività della sua struttura cognitiva
soggettiva in direzione della conquista della logica interna dei contenuti
trasmessigli
- si sostanzia continuamente di comunicazione retroattiva, cioè
di
feedback.
Se è vero che
"il carattere fondamentale della comunicazione umana è quello
di essere appunto un atto guidato nei suoi aspetti generali dalla consapevolezza,
un atto caratterizzato dall'intenzionalità"
[P.E.Ricci Bitti/B.Zani, La comunicazione come processo sociale, Il Mulino, 1983, pag.25]
solo con la 'coscienza della coscienza' e cioè con la consapevolezza
dell'intenzionalità è possibile il raggiungimento di un fine
o il controllo dell'esito dell'atto, altrimenti è bene parlare di
spontaneità (comunicazione generativamente non-intenzionale) nella
casualità dello scambio/relazione e di spontaneità-casualità
anche all'interno della comunicazione generativamente intenzionale.
Certo, i destinatari delle nostre azioni (o comunicazioni) possono
reagire attivamente o passivamente; ma sia nell'uno sia nell'altro caso,
è sempre meglio prevedere e organizzare una reazione positiva piuttosto
che provocarne una sfavorevole, o subire addirittura una passività
improduttiva. L'abilità di chi comunica, come nel caso dei formatori,
non consiste soltanto nel dare delle nozioni o delle disposizioni, ma anche
nel mettere i soggetti dell'apprendimento, in condizione di interpretare
attivamente la comunicazione. Per far ciò occorre creare e controllare
continuamente i canali di comunicazione, conoscendo innanzi tutto i destinatari
di ogni comunicazione trasmessa, prevedendo e valutando le loro reazioni
in modo da essere certi che ciò che si dice abbia una rispondenza
nel ricevente la comunicazione stessa.
In sintesi:
La comunicazione formativa è il cuore della didattica
La metodologia didattica è il cuore di ogni tecnica di comunicazione
educativa
La comunicazione educativa deve tradursi in crescita formativa dei
soggetti che apprendono
La comunicazione deve essere uno
scambio/relazione tra soggetti per un comune itinerario di crescita
individuale e collettiva
Così come il processo formativo è un'evoluzione per stadi
e tappe che non è mai lineare (per questo la previsionalità
e predittività didattica non deve mai essere rigida), così
anche la comunicazione didattica non è un processo lineare, e quantunque
la sua generazione è di tipo intenzionale, lascerà spazio
all'atto spontaneo che può essere a sua volta espressione di creatività
e liberazione dei soggetti, così come la stessa flessibilità
della programmazione curricolare è necessità per i compiti
di effettiva facilitazione-adeguazione attiva dell'apprendimento che è
funzione del ruolo-docente.
La competenza comunicativa, allora, diventa un elemento fondamentale
della stessa competenza didattica.
Se il modello della comunicazione semplice (emittente/contenuto/ricevente/feedback) astrae dalla realtà effettuale delle variabili intervenienti in un processo complesso, il modello di Tatiana Slama Cazacu, consente di individuare i sei fattori principali dell'atto di comunicazione:
1) L'EMITTENTE,
la fonte del messaggio
2) IL CODICE,
il sistema di riferimento-base della fonte
3) IL MESSAGGIO,
l'informazione-contenuto
4) IL CONTESTO,
in cui il messaggio è inserito e cui si riferisce
5) IL CANALE,
mezzo-veicolo che rende possibile la trasmissione
6) IL RICEVENTE,
chi riceve e interpreta il messaggio.
[T.Slama Cazacu, Introduzione alla psicolinguistica, Bologna, 1973]
Perché questo modello abbia funzionalità didattica, vi è da specificare che la trasmissione-codifica (1.2.3.4.5.) si attua mediante il procedimento didattico e la metodologia dell'insegnamento, mentre la ricezione-decodifica (4.5.6. e feedback) è l'attività stessa del processo di apprendimento.
Se la comunicazione didattica, formativa e intenzionale, assume il feedback come anima del suo evolversi come processo, prevederà come sua parte essenziale il role-taking.
F Il role-taking è la prospettiva-per-l'altro.
E' cioè l'assunzione del punto di vista e del ruolo dell'altro,
rivestire panni non propri per identificare la prospettiva da cui si riceve
il massaggio comunicativo. E', in definitiva, l'essenza di uno scambio/relazione
effettivamente produttivo e positivo.
Il concetto di role-taking è stato introdotto da G.H.Mead.
[G.H.Mead, Mind, Self and Society, Università of Chicago Press,
Chicago, 1934
tr.it., Mente, sè e società, Firenze, 1966]
Inoltre, la valutazione formativa riveniente da una comunicazione didattica
in role-taking, terrà conto non solo del feedback cognitivo (positivo,
negativo, gradazione tra questi), ma anche del feedback emotivo e dunque
dell'insieme dei fattori cognitivi e non cognitivi che costituiscono l'unità
psicologica indivisibile dell'individuo. Solo il role-taking può
dar conto del reale feedback emotivo. Inoltre, il role-taking, ha funzione
previsionale del feedback, che può presumersi, in sede di predittività,
positivo (comunicazione efficace a due vie), cioè si programma come
positivo, in quanto è preceduto dal role-taking.
La comunicazione efficace, è quella comunicazione che coglie
l'obiettivo posto in termini intenzionali dalla fonte emittente. La comunicazione
didattica è la comunicazione classicamente efficace, nel senso che
si pone prioritariamente traguardi formativi, generali e/o specifici; la
verifica dell'efficacia della comunicazione didattico-formativa è
nell'esito positivo/negativo del feedback cognitivo e/o emotivo.
Il processo di codifica (scelta del sistema di riferimento per il messaggio da parte dell'emittente) è, nella comunicazione didattica, il processo di insegnamento nei suoi elementi di scelta delle tecniche e dei metodi didattici, delle strategie applicative, dei mezzi e sussidi, delle forme di valutazione.
Il processo di decodifica (ricezione-interpretazione del messaggio da
parte del ricevente) è, nella comunicazione didattica, il processo
di apprendimento stesso, dunque il più complesso tra gli elementi
del processo didattico che influisce, in fase di progettazione, sulla stessa
scelta del 'codice' ed è il vero e proprio 'contesto' in cui si
struttura la situazione educativa.
Generalmente può affermarsi che la decodifica viene a scomporsi
nei seguenti momenti di 'ricezione apprenditiva':
- sensazione (A)
- percezione (B)
- selezione (C)
- organizzazione (D)
- interpretazione (E)
nei quali (A) è la messa in attività meramente passiva
degli elementi di senso, (B) è la presa di contatto attiva di una
totalità della forma (Gestalten), (C) è la scomposizione
analitica e l'individuazione/scelta delle componenti la totalità,
(D) è la nuova configurazione in sintesi della totalità,
cioè propriamente ri/organizzazione che, nei processi didattici
mediamente si connota nei termini di privazione del messaggio originario
(semplificazione-riduzione-coerenza interna,
[ Cfr. Ausubel D.P.: Educazione e processi cognitivi, op.cit.]
(E) è la risposta in chiave di elaborazione personale, cioè l'esito del feedback.
Per meglio precisare il processo di decodifica nella comunicazione, come processo di apprendimento nella comunicazione didattica, entrambi momenti centrali dello stesso fenomeno, il cammino dialettico della conoscenza nell'ambito sia della formazione della struttura cognitiva dei soggetti dell'età evolutiva sia degli individui con struttura della personalità già consolidata (naturalmente con forme e modalità differenti, si rimanda all'impianto strutturalista di J.Piaget), distinguiamo due forme di conoscenza:
1) LA CONOSCENZA SENSIBILE (o empirica)
2) LA CONOSCENZA INTELLETTIVA (o razionale)
1) La conoscenza sensibile si forma attraverso tre elementi:
1.a) la sensazione 1.b) la percezione 1.c) la rappresentazione
1.a) La sensazione è un'immagine concreta dell'oggetto che agisce
direttamente sugli organi di senso.
1.b) La percezione è un'immagine integra che sorge nel cervello
dell'uomo in seguito all'azione di questo o quell'oggetto sugli organi
dei sensi.
1.c) La rappresentazione è la stessa immagine dell'oggetto che
in precedenza aveva agito sugli organi di senso, riprodotta però
nella coscienza. Così la rappresentazione fa uscire la coscienza
dai limiti del singolare, le permette di individuare il generale e di tenerlo
presente nelle rispettive azioni mentali.
è La conoscenza sensibile (o empirica) è concreta.
La conoscenza intellettiva è la conoscenza di tipo superiore
permessa dal pensiero astratto e si forma attraverso tre elementi:
2.a) il concetto 2.b) il giudizio 2.c) la deduzione
2.a) Il concetto è un'immagine ideale priva di immediata evidenza
e riflettente le proprietà e i nessi sostanziali generali degli
oggetti e dei fenomeni della realtà circostante. Il sorgere del
concetto è il sorgere del pensiero astratto, cioè la facoltà
di discernere e di collegare i concetti allo scopo di acquisire nuove conoscenze.
2.b) Il giudizio è la più semplice forma del pensiero,
la quale rispecchia attraverso una determinata interconnessione dei concetti
o delle rappresentazioni la presenza o l'assenza dei nessi tra gli oggetti
e le loro proprietà.
2.c) La deduzione è una forma del pensiero, la quale rappresenta
una tale connessione tra i giudizi che permette di formulare un nuovo giudizio,
contenente una nuova idea. Si avvale della capacità di associazione
logica, generalizzazione e transfer e personalizza le forme della creatività
e del problem-solving.
La conoscenza intellettiva (o razionale) è la capacità di penetrare l'essenza (o sostanza) della sfera indagata della realtà, l'individuazione dei necessari lati e nessi interni , ad essa propri.
Conoscenza sensibile e conoscenza intellettiva sono intrecciate dialetticamente e né l'una né l'altra, da sole, possono assicurare la vera conoscenza dell'essenza dell'oggetto di indagine. L'interconnessione del sensibile e del razionale nella conoscenza si esprime non solo nel fatto che essi completano e suppongono l'uno l'altro nella prassi [concreto (empirico)- astratto (generalizzazione) - concreto (esperienza creativa)], ma anche nel fatto che essi si compenetrano reciprocamente (dialettica)è la dialettica in senso proprio non pertiene all'intuizione immediata, astratta, o alla sensibilità dei fenomeni, e alla corrispondente rappresentazione della realtà, ma soltanto al concetto, e questo non è mai, per chi vive una situazione, immediatamente dato con esso. Se le cose fossero nella loro realtà per come ci si presentano, non vi sarebbe in generale bisogno di alcuna scienza; al contrario le forme fenomeniche si riproducono con immediata spontaneità, come forme correnti del pensiero, il rapporto sostanziale deve essere scoperto dalla scienza.
La prassi educativa mira a fondare e costruire dialetticamente la prassi della conoscenza e tende, tramite la comunicazione didattica, alla produzione di un'esperienza creativa.
La contraddizione dialettica, alla base dei processi della realtà
materiale, diventa il 'primo motore' dell'interpretazione/decodifica di
quella realtà attraverso il sapere e l'elaborazione personale del
sapere. La conquista del sapere è parto della stessa mente umana
che attivizza le sue capacità e che, nella comunicazione didattica,
guida all'espressione manifesta, comportamentale, della sua attività
stessa. In questo senso, la conquista del sapere è parto, travaglio
della conoscenza, in quanto la dialettica è il risultato di un processo,
la negazione di stati precedenti, un lavoro e una fatica, giammai il 'dono'
di una condizione data.
Nell'ambìto dei princìpi della metodologia della comunicazione
formativa, quale rapporto può intercorrere tra logica formale e
logica dialettica? In particolare, noi crediamo, l'una e l'altra si compenetrano
nei diversi ambiti della comunicazione formativa:
1- transfer comunicativo-espositivo (regole della logica formale)
2- transfer logico e generalizzazione (logica dialettica)
3- transfer operativo (coerenza tra logica formale e dialettica)
-- La logica formale, nel quadro dei princìpi aristotelici (principio
di non-contraddizione: se A=A non può essere NON-A e le forme rigorose
del sillogismo: Socrate è un uomo- Tutti gli uomini sono mortali-
dunque Socrate...), è quella che permette di riconoscere la correttezza
delle regole del discorso formale
Il quadro della contraddizione dialettica permette l'intrecciarsi dell'analisi
strutturalista di Piaget con la teoria gestaltista di Leòn Festinger
sulla dissonanza cognitiva, in funzione del metodo e della programmazione
nella comunicazione formativa.
La conoscenza delle opere di Jean Piaget non è solo indispensabile
per lo studio della psicologia dell'età evolutiva e dell'epistemologia
genetica, di cui è il maestro indiscusso, ma anche per chiunque
voglia approcciare un'analisi seria, in termini di strutture, dei processi
cognitivi in relazione ai metodi di comunicazione didattica e alle strategie
operative.
[cfr.: J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano, 1971, in part.pp.39/46]
Razionalista convinto, Piaget lottò tutta la vita contro l'empirismo
filosofico e l'associazionismo psicologico (contrapponendosi pertanto anche
al comportamentismo) sulla base del principio che l'attività cognitiva
costituisce una struttura estremamente complessa, irriducibile alle leggi
della natura fisica e biologica di tipo elementare. La differenza qualitativa
fra il pensiero adulto e il pensiero infantile, l'esistenza di fasi differenziate,
cicli-tappe nello sviluppo apprenditivo, presuppongono un'attenzione specifica
alle modalità stesse dell'apprendimento umano come capacità
di costruire strutture, insistendo sui concetti di relazionalità
ed autoregolazione, a partire dalla totalità come sistema (Gestalten).
Si comprende come lo strutturalismo piagettiano sia un efficace strumento
analitico delle tre principali strutture coinvolte nella formazione educativa:
la struttura logica oggettiva dei contenuti di conoscenza, la struttura
cognitiva soggettiva e la struttura che, attraverso il metodo, deve metterle
in relazione: la struttura della comunicazione.
A sua volta, la teoria della dissonanza cognitiva di Leòn Festinger
è un impianto complesso di elaborazione autonoma, va inquadrata
nell'ambito più complessivo della psicologia Gestalt riguardante
i processi di apprendimento, ma può essere utilizzata anche nel
campo d'indagine sulla comunicazione formativa e sul rapporto tra fattori
cognitivi e l'applicazione delle strategie didattiche.
[cfr.: L. Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva, Franco Angeli, 1973( or.1957)]
Infatti, se si parte dall'assunto che l'accrescimento di conoscenza umana è possibile solo con duro sforzo e sacrificio, che nulla di significativo è possibile ritenere se ciò non è il risultato di una 'pressione' sugli elementi cognitivi, la teoria della dissonanza ci informa che la stessa non è elemento puro di negazione, ma di crisi produttiva quando non necessaria. Gli elementi di apprendimento nuovi che entrano nella struttura cognitiva, modificano la stessa a seconda del 'peso specifico' che assume la dissonanza, il suo spettro di ampiezza, la sua 'banda di oscillazione' (troppo familiare=automatismo insignificante; troppo distante=resistenza assoluta al cambiamento come processo oggettivo). Ma proprio perché la contraddizione dialettica è alla base dei processi della realtà materiale, la contraddizione dialettica negativo/positivo proprio della dissonanza cognitiva, permette la continua evoluzione dell'apprendimento significativo quando si rende lo sforzo cognitivo 'sostenibile' pur con il 'dolore della conoscenza'. La 'sostenibilità' della dissonanza, nel campo della comunicazione didattica, è obiettivo del metodo di insegnamento: obiettivo che riguarda la qualità dell'apprendimento e i tipi di apprendimento attivati. Per questo il metodo è soprattutto consonanza, adeguazione mai passiva tra soggetti, tramite i principi di contiguità e significatività, il trovare continuamente, nelle strategie operative, la 'banda di oscillazione' per produrre e superare il più agevolmente possibile la dissonanza cognitiva. La comunicazione educativa si arricchisce così di una maggiore consapevolezza: il superamento dialettico necessario delle contraddizioni (esterne/interne) in una sintesi superiore che contiene elementi di apprendimento quantitativamente e qualitativamente maggiori di prima, in una struttura cognitiva che arricchisce sempre più la propria capacità di generalizzazione logica e transfer.
Le condizioni preliminari dunque che scaturiscono da un'analisi strutturalista, dialettica e in termini di dissonanza/consonanza, per la scelta dei metodi e delle tecniche di comunicazione didattica, nonché della stessa abilità/capacità di programmazione sono:
-- il metodo è attivo, perché mai adeguazione passiva
(né della fonte della comunicazione verso il ricevente né
viceversa, ciò che creerebbe o permissivismo e banalizzazioni finto-democratiche
o 'gorilla ammaestrati');
-- il metodo è analitico (mira alla scomposizione progressiva
e graduale di una totalità della forma nella percezione) e utilizzerà
circolarmente induzione e deduzione come modalità necessarie della
comunicazione in relazione agli statuti epistemologici delle discipline;
-- il metodo è maieutico (considera l'apprendimento significativo
per scoperta, attraverso la ricerca e la confutazione, come il miglior
tipo di apprendimento);
-- il metodo si basa sulla discorsività dialogica, cioè
sull'interlocuzione costante tra i soggetti implicati nella comunicazione
educativa, in modo da rendere flessibili gli interventi nella situazione
didattica specifica;
-- la programmazione dovrà essere sostenuta dalla inter/multidisciplinarietà
costante (su metodi, contenuti e valutazione)
-- la programmazione ricercherà un insegnamento individualizzato
all'interno di un insegnamento/apprendimento socializzato, di modo da valorizzare
stili cognitivi personali all'interno di una dinamica di gruppo favorevole
all'apprendimento significativo
Se queste condizioni preliminari sono ritenute valide, la scelta dei metodi didattici e della programmazione risulterà dall'analisi comparata di tutte le variabili intevenienti nella concreta situazione educativa, connotando le stesse modalità della comunicazione didattica.
Alla comunicazione anassertiva è caratterizzata da asserzioni
indiscutibili, non problematiche, da accettare fideisticamente secondo
il 'principio di autorità', che non richiede dunque interpretazioni
e che è
categoriale è costituita da categorie apodittiche non
richiedenti
giudizio
impositiva è costituita da imposizioni che scartano
soluzioni creative ai problemi e generatrici di apprendimento meccanico
connotanti uno stile autoritario del formatore,
va resa alternativa la
comunicazione assertiva-persuasiva, caratterizzata dalla persuasività
del messaggio in termini di convincimento interno del ricevente e interpretazione
in seguito a sforzo cognitivo (dissonanza), centrata sulla
discorsività dialogica è la sola modalità che
permette ricerca e confutazione, apprendimento significativo per scoperta
connotanti uno stile democratico del formatore.
La forma anassertiva porta a una modalità chiusa della comunicazione
didattica.
La forma assertiva-persuasiva porta a una modalità aperta della
comunicazione didattica.
Attenzione:
autoritario è diverso da autorevole, democratico è diverso
da permissivo.
- Sulla persuasione:
all'origine dell'azione da svolgere e da sviluppare, si deve porre
il processo formativo (attivo o passivo) della persuasione; l'efficacia
dell'atto comunicativo varia considerevolmente da soggetto a soggetto e
dipende dalla capacità interna del flusso delle sollecitazioni e
dalla sua idoneità a raggiungere gli obiettivi sostenibili dall'attività
cognitiva del soggetto.
E' dunque necessario che: il messaggio diretto alla globalità
dei soggetti, appaia come inviato a ciascuno, separatamente. Il tipo di
messaggio deve possedere la capacità di colpire la ricettività
individuale.
Ogni comunicazione funzionale ad una didattica socializzata deve essere funzionale ad un'efficace didattica individualizzata.
I termini assertivo/anassertivo e persuasivo possono assumere significati
diversi, e problematici, nell'ambito della comunicazione in generale e,
nella fattispecie, nella comunicazione formativa. Nel senso sopra indicato,
anassertivo è il tipo di comunicazione perentorio, apodittico, assiomatico,
ma se associato ad uno stile democratico del formatore esso si problematizza
nell'interazione comunicativa e risulta positivamente categoriale (da non
confondere con categorico= aproblematico). Persuasivo è il tipo
di comunicazione che si struttura come processo di influenza, dunque proprio
della comunicazione educativa, ma, se associato ad uno stile autoritario
del formatore, si rende funzionale ad uno strumentale condizionamento prescrittivo.
In definitiva: lo stile democratico nella comunicazione formativa,
evita l'imposizione arbitraria e gli interventi di sistematica coercizione
e di dettagliata prescrizione; democratico non è permissivo, cioè
adeguazione passiva del formatore al soggetto dell'apprendimento, ma si
distingue per l'impegno nell'organizzazione del lavoro e nella facilitazione
dell'interazione tra i membri del gruppo.
"Ora, accertare che il clima democratico è quello più
favorevole in questo senso, può essere considerato come una mera
conferma di questa ipotesi nella misura in cui il clima democratico può
essere fatto coincidere con la situazione di minore minaccia per l'individuo.
E' chiaro, da questo punto di vista, lo svantaggio del clima autoritario,
che è caratterizzato dalla drastica imposizione e quindi dall'alta
probabilità di frustrazione"
[L. Lumbelli, Psicologia dell'educazione-Comunicare a scuola, Il Mulino,1982,
pag.193]
Se in generale l'agire comunicativo lo si presuppone come fondativo
della socialità, in particolare l'agire comunicativo didattico-formativo
deve presupporsi come insegnamento alla socialità e alle funzioni
sociali. Anche nelle modalità istruttive, dunque, non è possibile
astrarre dalla modalità dialogante, non solo nel senso maieutico-socratico,
ma anche e soprattutto come dialogo mirante alla capacità dialettica
di interpretazione dei significati:
"La nozione di 'dialogo' è forse quella che meglio riassume gli
approcci che contrappongono alla comunicazione come trasmissione di informazioni,
la comunicazione come conversazione. (..) Il contesto della conversazione
reale esibisce invece una pratica dialogica con gli interlocutori impegnati
in senso attivo, nella quale il significato non si genera dalla enunciazione
linguistica dell'emittente, ma dalla sistematica cooperazione interpretativa,
dalla interazione tra emittente e ricevente."
[G.B.Fatelli, op.cit., pp.29/30]
L'autore del brano citato ritiene, invero, che "Molte impasses della
ricerca derivano dalla coabitazione forzata della comunicazione-interazione
con la comunicazione-trasferimento di significati." [ivi, pag.31].
Nel caso della comunicazione didattica, invece, questa coabitazione
non è affatto forzata e costituisce il gradiente fondamentale dell'esperienza
formativa. La prassi della didattica, ancora una volta, supera le aporìe,
vere o presunte, della teoresi astratta, almeno di quella scarsamente dialettica.
APPENDICE
Per un' introduzione a una didattica multimediale:
1. I princìpi dell'auxilìum didattico,
2. la sfida della contemporaneità multimediale e la comunicazione
formativa
Il XX secolo sarà ricordato come il secolo dei mezzi di comunicazione
e della rivoluzione informatica.
Nel giro di pochi decenni l'intero scenario del sapere e delle abitudini
umane si è radicalmente trasformato; la multimedialità ha
prodotto un cambiamento psicologico e culturale che va ben al di là
dei vantaggi pratici delle nuove tecnologie.
Ma che cos'è la Multimedialità ?
Per multimedialità si intende l'intreccio tra le diverse fonti
ed i diversi canali della comunicazione collettiva, come giornali, televisione,
radio ed Internet. Strettamente connesso al più recente sviluppo
della multimedialità, in particolare nel campo informatico è
il concetto di interattività tra apparecchiature ed uomo, cioè
la possibilità dell'utente di intervenire su quanto gli viene proposto
dal sistema multimediale stesso.
Mentre i più giovani affrontano con grande interesse ed entusiasmo
queste nuove tecnologie, si assiste ad una certa resistenza da parte di
chi con queste, per motivi generazionali, non si è misurato, con
il risultato che l'informatica potrebbe diventare ulteriore motivo di incompatibilità
tra generazioni. In questo contesto, diventa indispensabile preparare insegnanti,
studenti, operatori della formazione, a gestire in proprio il nuovo sistema
della comunicazione multimediale, per fare in modo che diventi patrimonio
delle metodologie educative di una comunicazione formativa al passo con
i tempi. Il lavoro in cooperazione supportato dalle tecnologie informatiche
multimediali, costituisce un fattore di sviluppo di ambienti ove si impara
ad apprendere in maniera continuativa e permanente, tenendo presente l'alfabetizzazione,
la formazione e l'aggiornamento continuo, migliorando il sistema del flusso
di comunicazioni. Le nuove tecnologie, inoltre, permettono di sostituire
operazioni ripetitive e complesse su vasta scala, purché siano a
reale servizio delle risorse umane in qualità e in quanto risorse
strumentali e non inneschino meccanismi alienanti o, peggio, surroghino,
in qualità di sostituti, le stesse risorse umane:
"Le applicazioni emergenti consentono la condivisione delle conoscenze
e la produzione di interpretazioni ad elevato valore aggiunto basate su
dati non individualizzati ma di pubblico dominio nell'ambito dell'organizzazione.
I sistemi informatizzati si pongono quindi come nuove fonti di apprendimento
attraverso la generazione di visioni condivise e la diffusione di modelli
mentali orientati alla valutazione dei dati"
[M.Tomassini: Alla ricerca dell'organizzazione che apprende, Roma,
1993, pag.39]
Una corretta combinazione per lo svilupparsi dinamico della comunicazione
come interazione/scambio di conoscenze in tempo reale e aggiornamento continuo
dei flussi informazionali, tra sistemi on-line, sistemi informativi e sistemi
di telecomunicazione, favorisce l'operosità umana non in termini
di mera produttività, ma in quella di intelligenza collettiva. Ciò
implica: coscienza delle potenzialità del ragionamento procedurale,
comprensione della struttura interna del sistema della comunicazione, uso
dello stesso sistema come fonte di apprendimento e feedback, continua interpretazione
dei dati, costruzione collaborativa e condivisa dei significati.
1.a) Le nuove generazioni vivono un rapporto simbiotico con le macchine
ed i loro linguaggi; ma lo vivono al di fuori della scuola ed il più
delle volte contro di essa, poiché qui, nonostante l'evoluzione
in atto, la cultura monomediale caratterizza ancora in maniera determinante
i metodi didattici.
I contenuti vengono ancora trasmessi prevalentemente con i libri di
testo, mezzi appunto monomediali, che spesso lo studente vive come un peso
e quasi con rifiuto, con conseguente pericolo di perdita di un enorme patrimonio
culturale e di esperienze.
Il problema non consiste solo nell'ammodernare l'apparato delle risorse
tecniche per la comunicazione formativa e la metodologia didattica, ma
soprattutto nell'accogliere e legittimare gli stili di pensiero e di azione
che sono propri del nuovo campo.
Non si intende mettere in discussione l'importanza del libro come ausilio
didattico, ma integrarlo con le nuove tecnologie per avere una serie di
strumenti tra loro complementari e tutti funzionali alle mutate modalità
di apprendimento da parte di studenti immersi in un mondo multimediale.
Si rende a questo punto necessario specificare il significato di "ausilio
didattico".
Il termine ausilio viene dal latino auxilìum, cioè aiuto.
Per ausilio didattico, quindi, si intende un supporto in grado di integrare efficacemente l'opera del formatore al fine di facilitare l'apprendimento e, solo conseguentemente, l'insegnamento.
Non esiste un ausilio migliore o peggiore di un altro in senso assoluto, ma esiste un accessorio più adatto di un altro al raggiungimento di un dato obiettivo in uno specifico contesto. E' fondamentale l'utilizzo dell'ausilio didattico al momento giusto per richiamare l'attenzione e facilitare l'apprendimento.
1.b) Gli ausili didattici Gli ausili didattici vanno a collocarsi in uno degli elementi del 3° momento della programmazione curricolare elaborate nel 1949 da Ralph Tyler, ovvero le strategie.
[R.Tyler: Basic principles of curriculum and Instruction, Chicago, Un.Press, 1949]
Sono risorse importanti che l'organizzazione ed il formatore utilizzano
per facilitare l'apprendimento.
Gli ausili didattici si compongono di hardware e software, mezzo
e programma, parte meccanica e contenuto.
Il mezzo didattico vero e proprio è la parte meccanica,
il sussidio è il contenuto studiato per facilitare l'apprendimento.
Per un loro utilizzo proprio ed intelligente è indispensabile
ispirarsi a tre princìpi fondamentali:
1. Devono essere funzionali agli allievi;
2. E' necessaria una costante alfabetizzazione da parte del formatore;
3. Ogni formatore dovrebbe preparare da sé gli ausili didattici
che utilizzerà.
Esaminiamo adesso più analiticamente questi tre princìpi.
1. Ausilio funzionale agli allievi
Gli ausili didattici devono essere studiati ed utilizzati in
funzione dell'allievo, non del formatore, in quanto devono facilitare prioritariamente
l'apprendimento; un ausilio che faciliti l'apprendimento facilita anche,
di conseguenza, l'insegnamento, ma non è sempre vero il contrario,
vale a dire non è sempre vero che un ausilio didattico studiato
ed utilizzato per le esigenze del docente e che, quindi, lo faciliti nel
suo compito di insegnare, possa anche facilitare il processo di apprendimento
dei discenti.
Quanto sopra per il semplice fatto che formatore ed allievi
non sono sullo stesso piano e livello conoscitivo e quindi un ausilio didattico
che sia funzionale solo al formatore, rischia di essere assolutamente incomprensibile
agli allievi.
2. Alfabetizzazione costante
E' il corretto atteggiamento mentale del formatore, volto all'aggiornamento
costante nei confronti dell'ausilio didattico.
L'alfabetizzazione consiste nella conoscenza delle basi di utilizzo
della macchina e del programma per poter confrontarsi con le nuove generazioni
sull'uso degli ausili didattici a loro più familiari; se il formatore
non conoscesse il programma sarebbe, a similitudine degli allievi, un semplice
utente e non la loro guida.
3. Preparazione degli ausili didattici
Ogni formatore dovrebbe approntare autonomamente il proprio
materiale didattico, sia per andare incontro ai particolari sistemi cognitivi
degli allievi, sia per essere coerente con il proprio metodo d'insegnamento.
Questa capacità del docente è, tra l'altro, una
prova della sua abilità.
Nel preparare gli ausili didattici il formatore deve adottare
la tecnica del "role taking", cioè deve attuare un rovesciamento
della prospettiva, adottando il punto di vista degli allievi per poter
meglio corrispondere alle loro esigenze di apprendimento e rispettare,
al contempo, lo spirito del 1° principio sopra enunciato (ausilio funzionale
agli allievi).
2.a) Ipertesto ed ipermedium
L'Ipertesto è uno strumento multimediale di organizzazione di
un testo in scrittura non lineare.
Per scrittura lineare si intende un testo che si legge dall'inizio
alla fine senza interruzioni, come per esempio un romanzo; per scrittura
non lineare invece si intende un testo ricco di richiami e note che non
permettono un' agevole lettura sequenziale, come per esempio un saggio
di carattere tecnico-scientifico.
E' importante quindi non cadere nell'errore di collegare automaticamente
l'idea di testo lineare al libro e l'idea di testo non lineare al computer,
nel senso che possiamo avere un libro dal testo non lineare o un testo
computerizzato lineare.
L'Ipertesto permette all'utilizzatore di entrare nell'argomento trattato
e sviluppare un proprio percorso di conoscenza, divenendo protagonista
del processo di consultazione, sulle basi della propria cultura e del proprio
desiderio di apprendimento; in gergo, la lettura di un ipertesto viene
definita con il termine "navigare".
La scelta dei percorsi si effettua tramite i "link" (letteralmente
collegamento), che permettono, cliccando con il mouse su specifiche parti
dell'ipertesto appositamente evidenziate, di attivare un collegamento logico
con un altro punto dell'ipertesto stesso o addirittura con testi ed ipertesti
diversi.
L'ipertesto, quindi, si configura come una collezione di testi collegati
fra loro da associazione logica a mezzo dei Link.
Uno strumento multimediale ancora più articolato ed efficace
dell'ipertesto è l'ipermedium, sistema in cui la connessione tra
i testi scritti si espande ai suoni, alle immagini ed alle animazioni in
maniera mirata ed efficace.
L'avvento del CD-ROM ha grandemente favorito la diffusione di ipertesti
ed di ipermedia di grandi dimensioni (esistono anche intere enciclopedie
in CD-ROM) grazie alla possibilità di immagazzinare una imponente
mole di dati in un supporto di piccole dimensioni ed estremamente maneggevole.
L'esperienza di creare un percorso conoscitivo all'interno di un sistema
informatico di tipo divulgativo è altamente formativa poiché,
oltre a favorire l'arricchimento culturale, lascia ai protagonisti del
processo formativo (docente e discente) notevoli possibilità per
esprimere la propria creatività.
2.b) Internet e agenda-setting
Internet è la più grande rete mondiale di intercomunicazione
tra reti di computer.
Nato negli anni '60 negli U.S.A. per la necessità del Dipartimento
della Difesa di realizzare una rete di comunicazione capace di sopravvivere
ad una guerra nucleare, si è successivamente rivelato un efficace
sistema per collegare tra loro ogni tipo di computer e fu quindi adottato
per la ricerca e l'Università.
Oggi oltre 5.000.000 sono i calcolatori connessi permanentemente con
la rete tramite i satelliti e le fibre ottiche ed altrettanti sono i computer
che si collegano saltuariamente tramite la rete telefonica e si calcola
che il loro numero raddoppi ogni anno.
Internet, insomma, rappresenta ormai una vera e propria comunità
virtuale di persone fisicamente lontane fra loro ma vicine per la velocità
della comunicazione e con ancora infinite possibilità di espansione.
Il suo straordinario successo dipende dal fatto che il suo modello
comunicativo permette ad ogni calcolatore della rete di essere contemporaneamente
fruitore e risorsa di tutti gli altri calcolatori, di essere parte attiva
di un sistema e non semplice fruitore di un servizio.
Collegarsi è facile e, rispetto alle grandi potenzialità
della rete ed ai servizi offerti, relativamente poco costoso; è
sufficiente avere un personal computer di adeguata potenza, un modem, un
software appropriato, ed il gioco è fatto.
La possibilità di ogni utente di scegliere autonomamente ed
in piena libertà le fonti ed il genere delle informazioni, eludendo
il monopolio delle grandi agenzie di stampa e della comunicazione, e di
compilare da sè la propria "agenda", è una rivoluzione senza
precedenti.
La teoria dell' "agenda Setting" fu preconizzata dall'americano B.C.Cohen
nel 1963
[cfr. B.C.Cohen: The Press and Foreign Policy, Princeton, P.University Press, 1963]
e ripresa ed attualizzata nel 1979 dall'americano E.F.Shaw.
Questi venne alla conclusione che
"i media non cercano di persuadere (..) I media, descrivendo e precisando
la realtà esterna, presentano al pubblico una lista di ciò
intorno a cui avere un'opinione e discutere... L'assunto fondamentale dell'agenda
setting è che la comprensione che la gente ha di gran parte della
realtà sociale è mutuata dai media."
[cfr. E.F.Shaw: Agenda-setting and Mass Communication Theory, in Gazette, n.25, 1979, pag.96.]
Con il termine "agenda-setting" si intende, quindi, lo scegliere i temi
dell'agenda; la comunicazione in/formativa mirerebbe dunque al condizionamento
dell'utente da parte dei nuovi media.
Questo condizionamento non comporta un' imposizione o condizionamento
di tipo coercitivo o autoritario, più o meno evidente, di un'opinione
prestabilita, ma è molto più sottile e consiste nella scelta
dei temi da dibattere, costringendo a discutere anche chi è critico
nei confronti della cultura dominante e che a quei problemi non è
interessato, cioè nell'imposizione dell'agenda e dell'ordine del
giorno.
La comunicazione in/formativa si svela come tout-court formativa; anche
il formatore infatti, impone un' agenda ai suoi allievi, lasciandogli sì
margini di discussione e di interpretazione, ma sempre su argomenti da
lui già in precedenza stabiliti.
In questa fase di transizione da una comunicazione di tipo verticale
"da pochi a molti" (da poche agenzie di comunicazione a molti utenti) ad
una comunicazione di tipo orizzontale, grazie ad Internet, "da molti a
molti", (da molte sorgenti a molti utenti), il controllo delle fonti di
informazione è diventata un problema primario per la gestione della
società da parte di chi non è disposto a cedere questo grande
potere e che quindi cerca di minare in qualche modo la credibilità
della rete.
Non è certo questa la sede per addentrarsi in una lunga e poco
proficua discussione sulla presunta pericolosità della rete, ci
basterà rammentare
che, come tutti gli strumenti, specialmente di conoscenza, creati ed
utilizzati dall'uomo i benefici o malefici che può apportare dipendono
solo ed esclusivamente dall'uso che se ne fa, e che, come naturale, i più
accaniti oppositori di Internet sono proprio quei soggetti il cui potere
è minacciato da questo nuovo e straordinario mezzo per la comunicazione.
2.c) Istruzione programmata e tecniche di apprendimento
Nell'ambito dell'istruzione programmata è necessario articolare
e presentare il messaggio, il contenuto, i dati, in modo che vengano facilmente
compresi e assimilati.
E' preferibile basare il percorso sul metodo analitico e sul rinforzo,
dividendo il contenuto in tante unità di apprendimento e secondo
un sistema di relazioni e di scansioni che risultino organicamente progressive.
I principali modelli da seguire sono tre:
- Lineare (SKINNER), ossia presentazione dell'unità e della
domanda e verifica dell'esattezza della risposta; se la risposta risulta
esatta si passa all'unità successiva, altrimenti si ripete la
medesima unità.
- A scelta multipla (PRESSEY), ossia presentazione dell'unità
di apprendimento insieme ad una serie di risposte; l'allievo deve scegliere
la risposta che ritiene esatta, e solo se questa risulta tale avviene il
passaggio all'unità successiva.
- A scelta ramificata (CROWDER), ossia l'allievo, alla presentazione
dell'unità, è invitato a scegliere una risposta; qualunque
essa sia, sbagliata o esatta, viene rinviato ad un'altra unità di
apprendimento, di informazione, di spiegazione o di correzione.
Questi ultimi due modelli presentano il vantaggio di costringere gli
allievi ad una serie di riflessioni e confronti, stimolandone così
la creatività.
[cfr. J.Poctzar: L'insegnamento programmato - Teoria e pratica, Armando,
1974, pp.69/101]
E' essenziale, comunque, in tutti e tre i casi sopra specificati, che il programma sia sperimentato, tarato su una serie di campioni e che gli elementi di apprendimento contenuti nella suddivisione della materia non risultino troppo vicini alla struttura cognitiva dall'allievo, ma che provochino una dissonanza che rientri in quella che con il Pellerey può definirsi la 'banda di oscillazione' intermedia tra la struttura logica oggettiva e la struttura cognitiva soggettiva, racchiusa cioè tra il "troppo distante" ed il "troppo familiare".
[cfr. M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI, Torino, 1979, pp.181/182]
Non vi è alcun dubbio sull' importanza della corretta impostazione
di un programma didattico che si nutre di ausili informatici; avvertita,
infatti, è l'esigenza di dare una struttura più sistematica
all'organizzazione scolastica, privilegiando gli aspetti operativi, la
costruzione e sperimentazione di curricoli, il controllo qualitativo dei
risultati raggiunti, incentivando, inoltre, la costruzione di ambienti
adatti all'apprendimento e la qualificazione continua da parte dei docenti
(alfabetizzazione).
Attualmente si sta passando dall'uso degli ausili didattici da parte
dei singoli insegnanti all'organizzazione dei cosiddetti "centri multimediali",
e di pari passo guadagna gradualmente sempre più spazio l'acquisizione
di competenze sul funzionamento dei sistemi di informazione e di elaborazione
che ormai hanno ottenuto una larga diffusione.
Vario è il materiale usato negli asili nido, scuole materne,
dell'obbligo e medie superiori tendente oltre che a facilitare l'apprendimento
anche a far sviluppare, o addirittura insorgere, comportamenti ed abilità
molte volte dati per scontati allo stato latente; tra i più importanti
è il linguaggio "Logo", ideato da Seymour Papert.
2.d) Papert e il costruzionismo
Seymour Papert è un matematico sudafricano che ha lavorato a
lungo presso l'istituto di epistemologia genetica di Piaget a Ginevra,
fino al 1964, quando è entrato nel Massachusetts Institute of Technology
(MIT) negli U.S.A..
Papert ha adattato i linguaggi informatici alle esigenze dei
bambini, ideando programmi per la "costruzione" di micromondi in cui esplorare
la conoscenza e dirigere i propri apprendimenti.
Egli constatò che, mentre nel periodo prescolare tutti
i bambini, chi più chi meno, acquisivano competenze ed abilità
tipiche del proprio contesto culturale di riferimento, quando venivano
inseriti in un contesto di istruzione formale, non tutti riuscivano ad
acquisire in uguale misura le nuove abilità e competenze.
Questo gli fece sviluppare l'idea che qualsiasi disciplina potesse
essere compresa in maniera assolutamente naturale come si apprende, per
esempio, la lingua nella fase prescolare; così come, ancora, si
apprende l'italiano vivendo e giocando in Italia, si può apprendere
la matematica vivendo e giocando in un "micromondo" informatico detto Matlandia.
Papert non è un fautore della descolarizzazione, ma ritiene
che la scuola debba essere intesa come un luogo in cui, grazie alle nuove
tecnologie, si debbano realizzare situazioni che riproducano i processi
di apprendimento naturale; il computer diventa così la porta di
accesso ad un mondo esplorabile in libertà ed in cui l'apprendimento
è assolutamente soggettivo e libero dalle regole imposte dai sistemi
scolastici.
La scuola è quindi considerata un ambiente sociale reale
che ospita tutti i numerosi micromondi virtuali in cui si addentrano i
bambini, in un clima in cui i più piccoli imparano emulando i più
grandi o i più esperti, i quali, a loro volta, sono alla ricerca
continua di prestazioni sempre migliori.
L'attività educativa non si esplica quindi nel "dare"
ai bambini, ma nel creare contesti nei quali possano imparare autonomamente
e fare tesoro di quanto appreso per proseguire nell'esplorazione dei micromondi.
Il "costruzionismo" consiste in una teoria dell'istruzione basata
sulla costruzione, cioè sul cercare di fornire ai bambini gli indirizzi
da seguire nello svolgimento delle loro attività nella convinzione
che espletandole costruiranno da soli il proprio apprendimento.
A questo scopo Papert ha prima ideato il linguaggio informatico
"Logo" e, successivamente il "Lego-Logo", creato in collaborazione con
la famosa casa costruttrice di mattoncini in plastica.
Il sistema di mattoncini da costruzione Lego consta di pochi
elementi che si possono usare in assoluta in libertà e mancanza
di direttive per costruire qualsiasi cosa e lo stesso principio viene utilizzato
nella formulazione della teoria del costruzionismo e nell'adozione dei
programmi di apprendimento per bambini Logo e Lego-Logo.
I micromondi di apprendimento costruzionista sono ormai svariati
e sperimentati e rivolti a bambini di varie fasce di età, che vanno
dai due-tre anni ai sette-otto anni, e sempre più caratterizzati
da grande interattività.
Una delle critiche maggiori che sono state fatte al questa teoria
è che la costruzioni dei micromondi sia rivolta più ad un
contesto di gioco ed evasione che non verso ambienti vicini alla realtà,
ma la risposta di Papert è stata puntuale ed esaustiva: l'essenza
della vita intellettuale del bambino sta nell'immaginazione e nella fantasia,
nell'invenzione, nei modi di comprendere il mondo e quando, per esempio,
fa un disegno, non ci si preoccupa se il risultato sia realistico o meno;
la cosa importante non è la rappresentazione della realtà,
ma fare qualcosa che abbia coerenza interna e che mostri la qualità
dell'immaginazione. Paradossalmente, è proprio in questo modo che
il bambino impara a rapportarsi con la realtà, perché nel
momento in cui si misura con un micromondo fantastico, per proseguire nel
suo viaggio virtuale deve accettarne la realtà interna, le regole
che lui stesso ha stabilito.
2. e) L'informatica al servizio del formatore
Un aspetto della multimedialità, funzionale questa volta alle
esigenze dell'insegnante e, quindi, non propriamente configurabile come
ausilio didattico, ma di cui si ritiene utile dare un breve cenno, è
l'insieme di quei software appositamente studiati per facilitare la programmazione
didattica.
Detti programmi contengono prioritariamente dei test multimediali
tendenti soprattutto a conoscere il livello di apprendimento acquisito
in precedenza da ogni singolo allievo e che, pertanto, permettono all'insegnante
di ottenere fin dai primi giorni di scuola la valutazione globale sia delle
classi che per ogni singolo allievo; sono evidenti i vantaggi che ciò
apporta in termini di prevenzione della dispersione scolastica e di obiettività
di giudizio in quanto i test vengono svolti in un periodo, per l'appunto
quello iniziale dell'anno scolastico, dove l'insegnante non può
aver ancora raccolto elementi sufficienti ai fini di una valutazione soggettiva,
in cui antipatia o simpatia possono interferire nella serenità di
giudizio.
Per concludere....
La multimedialità sta prepotentemente entrando in ogni settore
della nostra vita e termini come interattività e Internet fanno
parte del nostro quotidiano; è dovere ed interesse della scuola
e di tutti gli operatori della formazione, aggiornarsi dal punto di vista
tecnologico, didattico e metodologico, per non incrementare ulteriormente
il già grande scollamento con le reali esigenze di questa società
di fine millennio.
Aggiornamento metodologico e didattico vuol dire rendersi consapevole
delle nuove e mutate capacità di apprendimento che l'immersione
in questo mondo multimediale sta comportando e farle proprie.
Una scuola non al passo coi tempi, che non sappia interpretare le esigenze
degli allievi e della società, non solo è inutile, ma è
anche dannosa, proprio perché non è in grado di dare agli
studenti gli strumenti per affrontare nel modo migliore le esigenze di
una collettività sempre più bisognosa di formazione ed in
continuo movimento.
BIBLIOGRAFIA DI ORIENTAMENTO
Oltre ai testi citati nel testo, che hanno un loro autonomo impianto e che qui, nelle parti riportate, sono stati resi funzionali alla logica interna del saggio, possono consultarsi, sui temi in questione:
- U.Eco: La struttura assente, Milano, Bompiani, 1973
- M.Wolf: Teorie delle comunicazioni di massa, Milano, Bompiani, 1985
- E.Monti, voce Comunicazione, in L.Gallino (a cura di): Dizionario
di sociologia, Milano, Tea, 1993
- H.A. Innis: Le tendenze della comunicazione, Milano, 1982
- M.McLuhan: Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967
- W.J.Ong: Oralità e scrittura. La tecnologia della parola,
Il Mulino, 1986
- G.Statera: Società e comunicazioni di massa, Palermo, Palumbo,
1980
- M.Livolsi (a cura di): Comunicazioni e cultura di massa, Milano,
Hoepli, 1969
- S.Moravia, Dal monologo alla conversazione, in U.Curi (a cura di):
La comunicazione umana, Franco Angeli, 1985
- N.Luhmann, Informazione, comunicazione, conversazione: un approccio
sistemico, in U.Curi, op.cit.
- K.O.Apel: Comunità e comunicazione, Torino, 1977
- J.Habermas: Teoria dell'agire comunicativo, Il Mulino, 1986
- G.Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione, in La comunicazione
(a cura di M.Morcellini e A.Abruzzese), Stampa alternativa, 1995
In particolare, sui temi discussi in appendice:
- Ferdinando Dubla: Ipertesto e testo:
Corso sugli elementi fondamentali della didattica e della metodologia
della comunicazione
Taranto-Catania, 1997
- Ferdinando Dubla. Floppy-disk/testo:
Il metodo come creatività e liberazione, Taranto, 1997
- Roberto Maragliano: Manuale di didattica multimediale, Bari, 1994
- Marco D'Auria: Dizionario Internet, Roma, 1996
- Enrico Pasini e Filippo Viola: Intervista a Seymour Papert, da Internet,
1994
Sui temi di questo saggio cfr.dello stesso autore:
"Introduzione al ruolo del formatore militare", Taranto, 1996 e/o
"Metodo come creatività e liberazione" , Taranto, 1997
Taranto, luglio 1997 ultimo aggiornamento: novembre1997