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        Il 
        governo intende uscire dalle crisi percorrendo le vecchie ricette 
        neoliberiste e cioè riduzioni dei salari, più finanza speculativa, 
        licenziamenti di massa, demolizione dello Stato Sociale e 
        privatizzazioni dei beni comuni. Si vuole imporre il bavaglio alla 
        stampa, con la legge sulle intercettazioni, per difendere unicamente la 
        casta dei potentati travolta da una crisi morale devastante. Il 
        malaffare costa allo Stato circa 60 miliardi di euro che potrebbero 
        essere impiegati per investire nella conoscenza e nel soddisfacimento 
        della domanda di benessere delle persone.  
        La nostra Costituzione viene quotidianamente violentata e la circolare 
        del dirigente scolastico regionale dell’Emilia, che impone il divieto 
        agli insegnanti di esprimere il dissenso contro le scelte del governo e 
        della ministra Gelmini, ricorda le censure fasciste e per questa ragione 
        quel dirigente ha il dovere di dimettersi.  
        Occorre una vera e propria riscossa sociale che abbia al centro pochi 
        punti ma che segnino una chiara e visibile inversione di tendenza. 
        Blocco dei licenziamenti, cancellazione del precariato, crescita delle 
        retribuzioni, riduzione della pressione fiscale su salari e pensioni, 
        estensione dei diritti nel lavoro, investimenti in conoscenza, riforma 
        della politica, difesa intransigente della nostra Costituzione, lotta 
        contro tutte le discriminazioni, ambiente e un no, senza se e senza ma, 
        alla privatizzazione dei beni comuni può essere l’impianto progettuale 
        per ricostruire dal basso la condizione di una alternativa politica e 
        sociale. La proposta scaturita dal Congresso della Cgil di un piano 
        straordinario per il lavoro può essere il riferimento per ricomporre un 
        vasto movimento di lotta che sostenga un’altra idea di sviluppo 
        incentrato sulla piena e buona occupazione. Chi pensa, nella sinistra e 
        nello stesso sindacato, a facili scorciatoie o a mitigare un impianto 
        economico-sociale inaccettabile, s’illude perché il governo Berlusconi 
        persegue con lucidità e con decisione l’obiettivo di estendere un blocco 
        sociale incentrato esclusivamente sugli interessi delle imprese, 
        distruggendo la Cgil che rappresenta uno dei pochi ostacoli alla 
        devastazione sociale.  
        La manovra finanziaria sarà pesantissima ed iniqua perché si scaricherà 
        sui più deboli e sul lavoro pubblico. Dopo che per mesi si è sostenuto 
        che tutto andava bene, adesso si chiedono sacrifici con una manovra da 
        ben 25 miliardi. Saranno i lavoratori e i ceti più deboli le vittime dei 
        provvedimenti di Tremonti e Berlusconi. Le misure ipotizzate - dal 
        blocco dei contratti pubblici e del turn over alla 
        eliminazione degli scatti d’anzianità per i dipendenti della scuola, 
        dalla riduzione dei trasferimenti per gli enti locali e per la sanità 
        all’impossibilità di rinnovare i contratti per i precari, dalla 
        riduzione delle finestre di uscita per il pensionamento ai nuovi 
        condoni, alla vendita e alla privatizzazione dei beni demaniali - sono i 
        capisaldi antipopolari della manovra. Nel contempo il disegno di legge 
        sul lavoro prosegue nel suo cammino e Sacconi annuncia lo stravolgimento 
        dello Statuto dei diritti dei lavoratori. 
        In tale contesto s’inserisce l’attacco al sistema d’istruzione, 
        formazione e ricerca. Mentre è ormai chiara la necessità per il futuro 
        del Paese di una scelta che porti ad individuare nella conoscenza 
        pubblica una priorità strategica anche davanti alla crisi, dislocando su 
        questi settori risorse finanziarie adeguate, si compie una scelta 
        esattamente contraria. Si tagliano risorse a scuola, università e 
        ricerca, si licenziano migliaia di precari, si calpesta la dignità e la 
        funzione sociale dei lavoratori della conoscenza, si torna ad escludere 
        dal diritto all’apprendimento migliaia di ragazzi.  
        La scuola da avamposto dell’integrazione si trasforma in luogo di 
        esclusione e di divisione di classe.  
        Nella scuola ci saranno 25.600 insegnanti e oltre 15.000 Ata in 
        meno e tutto peggiora la qualità dell’offerta formativa. Nella primaria 
        non sarà soddisfatta la domanda di tempo pieno ma nemmeno la richiesta 
        delle 30 ore. I regolamenti della secondaria sono epocali per i tagli e 
        stanno determinando solo incertezze ed una situazione caotica. 
        L’Assemblea Regionale Siciliana ha chiesto, come sollecitato più volte 
        dalla Flc, 
        il rinvio dell’attuazione dei regolamenti. Non ci sono soldi nemmeno per 
        comprare la carta igienica!  
        Si discute in Parlamento di un disegno di legge sull’Università 
        inemendabile perché ipercentralista, 
        autoritario e che precarizza ulteriormente 
        la figura del ricercatore mentre gli atenei sono al collasso finanziario 
        e i rettori vogliono aumentare le tasse. Negli enti di ricerca le 
        manovre finanziarie varate negli ultimi anni hanno prodotto una 
        riduzione consistente degli addetti a tempo indeterminato.  
        In sostanza i sistemi d’istruzione, formazione e ricerca, insieme con il 
        mondo della cultura in generale, sono al centro di un progetto di 
        smantellamento della centralità del ruolo pubblico che corrisponde al 
        progetto regressivo del governo di costruire una società più 
        frammentata, più ignorante, più manipolabile, un progetto che si fonda 
        sulla riduzione del sapere a merce.  
        Nei prossimi giorni il direttivo della Cgil dovrà valutare e decidere lo 
        sciopero generale. Con la Fp-Cgil si 
        definiranno iniziative di mobilitazione per la difesa del lavoro 
        pubblico e allo stesso tempo intendiamo costruire una forte risposta 
        rispetto alla condizione drammatica del lavoro precario.  
        In autunno pensiamo ad un grande appuntamento degli Stati Generali della 
        Conoscenza aperti a movimenti, forze sociali e politiche per costruire 
        tutti insieme una alternativa alle Politiche del governo ed ancora più 
        estese lotte.  
        Noi non ci rassegneremo mai alla deriva autoritaria, alla negazione dei 
        diritti, alla trasformazione del lavoro cognitivo in manovalanza 
        intellettuale a basso costo.  
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