Plutarco sosteneva che le dottrine pedagogiche potevano suddividersi in due gruppi: quelle che considerano l'allievo un "vaso da riempire" e quelle che lo considerano invece "una fiaccola accesa". Nel primo caso l'azione pedagogica riguarda un "fare" qualcosa da parte dell'insegnante e un "ricevere" da parte dell'alunno. Nel secondo caso i ruoli non è che si ribaltino, ma cambia l'atteggiamento complessivo di chi insegna, il cui ruolo diventa principalmente quello di ... mantenere la fiaccola accesa!
a cura del prof. Giuseppe De Marinis, docente c/o IPS "Bellisario" di Ginosa (TA)
Con il positivismo era prevalso il
concetto di pedagogia come scienza. Gentile combattè a fondo questa
tendenza: la pedagogia e la psicologia non vanno considerate come scienze
naturali, ma rappresentano conoscenze che riguardano l'interiorità
dell'uomo, lo spirito, quindi sono filosofia. "... se educazione è azione spirituale sopra lo spirito, educhiamo quanti sono in rapporto con noi, non soltanto i minorenni, ma anche gli adulti e i vecchi... L'uomo educa sempre." (Gentile) Il concetto di autoeducazione è ribadito da GIUSEPPE LOMBARDO RADICE (1879-1938): "Ascoltiamo e seguiamo gli altri? Si dice; ma in realtà nessuna parola altrui, immagine o concetto, noi ammiriamo e accettiamo se non quando chi parla con noi esprime cosa che noi ritroviamo nel nostro spirito." L'insegnamento non è un fatto
tecnico e nemmeno un fatto personale: l'insegnante deve lasciare fuori
dalla classe quello che è individualmente suo (preoccupazioni, ideologie,
fattori psicologici, ecc.) per comunicare a un livello umano profondo per
poter raggiungere quanto di comune a tutti esiste nello spirito. Il
modello quindi è quello dell'insegnante artista che attraverso
l'intuito e l'amore è in grado di comunicare quello che è veramente
umano. Il maestro artista non si attiene ad un particolare metodo in
modo rigido e non prepara le lezioni il giorno prima, ma le crea nella
classe entrando in contatto intimo con l'anima degli allievi, traendo
dall'intimo della sua personalità e dalla sua cultura il contenuto della
lezione stessa, adattandosi alle esigenze dello stato d'animo suo e degli
allievi in quel momento. La vera educazione non deve pensare a formare il
professionista o il tecnico, bensì l'uomo.
|
SU |
Giuseppe Lombardo Radice (1879-1938) Il concetto idealistico di autoeducazione trova la piena adesione di Lombardo Radice. Secondo questo autore, l'educazione scolastica si dovesse conformare a quella familiare: doveva assumere quel tono amichevole, sereno, naturale e attivo che solo in una buona famiglia dove regna l'amore e il rispetto si realizza pienamente, concetto questo che si ricollega all'opera di Pestalozzi. E' necessaria una scuola attiva e serena che superi quella noiosa e pedantesca. In questo modo Lombardo Radice si inserisce a pieno titolo nel movimento della scuola nuova o attiva che andava sviluppandosi all'estero in quegli anni. In particolare Radice elogia ed esalta uno degli esempi più significativi di sperimentazione di quel periodo: la scuola rurale Montesca della baronessa ALICE FRANCHETTI ALLGARTEN. La Franchetti aveva istituito una scuola nella fattoria Montesca presso Citta di Castello in cui nulla veniva insegnato in maniera rigida e pedante. Le lezioni erano in realtà dei continui esperimenti e ricerche naturalistiche svolte all'aperto.
|
SU |
Il termine scuola nuova o attiva, comincia ad essere usato dai primi anni del 1900 per indicare polemicamente il superamento della scuola tradizionale e negarne il valore educativo. La scuola tradizionale è una scuola passiva, una scuola, cioè, che obbliga l'allievo a starsene immobile nel suo banco a subire la lezione cattedratica del maestro che impartisce dall'alto i suoi insegnamenti. Tutto nella scuola è indice di questa passività: il banco scolastico dove il corpo è rigidamente costretto; gli orari e i programmi; i libri di testo, conformi a un enciclopedismo di bassa lega; il modo di condurre la lezione da parte dell'insegnante; l'interrogazione basata sulla pedantesca ripetizione di quanto ha detto l'insegnante o quanto è scritto sul libro, eccetera. Nella scuola tradizionale domina la figura dell'insegnante, mentre la scolaresca non deve far altro che ripetere quanto ascoltato: è una scuola dove prevale l'ETEROEDUCAZIONE. La vecchia scuola è statica e conservatrice, tendente a riproporre sempre i soliti principi ritenuti validi in assoluto. Non ispira vitalità ma serve solo a riproporre e conservare la tradizione. Inoltre, la scuola tradizionale è INDIVIDUALISTICA, perché si basa sul metodo della competizione e dell'emulazione, limitando così lo spirito di collaborazione e il lavoro in comune. Piuttosto che servire alla formazione di un uomo sociale, serve soltanto a plasmare individui ubbidienti all'autorità, acritici e passivi. La scuola nuova invece vuole essere innanzitutto una scuola ATTIVA, una scuola dove l'ordine non risulti dalla disciplina esteriore, ma dal concorso della volontà degli alunni che attivamente prendono parte alla formazione, impegnandosi in attività che li interessano. La nuova scuola è PUEROCENTRICA, cioè si pone dal punto di vista del fanciullo e non dell' adulto; è il fanciullo che educa se stesso, mentre l'adulto gli porge l'aiuto necessario per quella che deve essere una AUTOEDUCAZIONE. Ciò non significa che l'insegnante sia assente o poco partecipe: al contrario egli assume un ruolo centrale, dovendo convogliare gli interessi, esaltare le doti individuali, promuovere attività diversificate, collaborare con le autonome scelte di ricerca degli allievi. E' una scuola che si basa molto sulle nozioni di psicologia applicate all'età evolutiva cercando così di adeguare programmi e lezioni alle esigenze di ogni fascia di età. Inoltre, la scuola attiva accoglie tutte le indicazioni provenienti dalle correnti della filosofia contemporanea, in special modo quelle che esaltano la spontaneità e la creatività (neoidealismo e spiritualismo) e che pongono l'accento sul valore pratico e sociale dell'educazione (pragmatismo anglo-americano e neopositivismo marxista).
|
SU |
Adolphe Ferrière e la scuola attiva Adolphe Ferrière (1879-1960) è uno dei più illustri rappresentanti della pedagogia svizzera, oltre che uno dei più convinti assertori della scuola attiva. Influenzato dalla filosofia di Bergson, dalla pedagogia pragmatista di Dewey e dagli studi di Decroly, non soltanto operò come vero sperimentatore di metodi didattici innovativi, ma ebbe anche il merito di saper sistemare teoricamente le sue scoperte e idee. L'ideale della scuola deve essere "l'attività spontanea, personale, creativa", idea questa non certo nuova e riconducibile ai maggiori pedagogisti classici, i quali, però, non avevano ancora gli strumenti scientifici (psicologia) per poter teorizzare pienamente sull'infanzia. La nuova pedagogia avvalendosi quindi delle ricerche sulla psicologia del bambino "rende giustizia all'infanzia". La scuola deve essere ATTIVA anche nel senso che dà importanza al lavoro, inteso non come mero lavoro manuale, ma come attività di progettazione e realizzazione anche intellettuale. Piuttosto che la lezione tradizionale, basata sulla passività dell'alunno e il protagonismo dell'insegnante, la scuola attiva prevede che la lezione si strutturi in tre tempi:
L'insegnante organizza le ricerche in base ad argomenti che tengano conto degli interessi specifici delle singole età, anche sulla base del principio della "legge biogenetica" secondo cui lo sviluppo ontogenetico ripete le fasi di quello filogenetico e, in particolare, che ogni uomo ripercorre nel suo sviluppo le tappe dello sviluppo dell'umanità. Gli interessi perciò sono gerarchicamente organizzati in base alle specificità psicologiche e genetiche di ogni periodo della vita:
|
SU |
Info e richieste a:
dubladidattica@tin.it
ritorna all' indice filosofia ed educazione