materiali liberamente utilizzabili, citando la fonte
Corso di metodologia della comunicazione formativa
Approfondimento
dal testo di G. Genovesi e M. Righetti,
“LA DIDATTICA. LINEAMENTI STORICI DAL XIX SECOLO AI NOSTRI GIORNI”
IL
SUPERAMENTO DEI LIMITI DELLA METODICA ANTICA:
IL
METODO INTERNO ALLA STRATEGIA
NELLA
DIDATTICA MODERNA
Riccardo
Gonizzi - corso esami febbraio 2002
Il problema di una revisione e anche della rivalutazione del metodo didattico si pone prepotentemente con il manifestarsi del processo di alfabetizzazione e comunque con la nascita della scuola.
Sino alle soglie dell’età moderna, non si manifesta alcuna volontà di riconsiderare il metodo nella didattica diversamente da modo per trasferire conoscenze già date ad un allievo, con tecniche di svariata natura, da quelle coercitive a quelle puramente mnemoniche semplificando, quindi, il più possibile il raggiungimento dello scopo: arrivare a quello che si è stabilito che l’allievo debba sapere.
Quello che si potrebbe identificare, usando una metafora, nella mera azione di riversare del liquido in una bottiglia già piena impiegando gli imbuti più strani e gli alambicchi più tortuosi, snatura la didattica come scienza.
L’immobilità metodologica, l’indiscutibilità dello sciabile, rifuggono dalla strategia, dalla trasformazione, dalla ricerca di nuove strade che portano all’apprendimento del nuovo.
“Ci troviamo dinanzi a una prevaricazione o unilateralizzazione dello stesso concetto di metodo, ridotto a strumento non di ricerca del nuovo ma di ripercorribilità del vecchio” [op.cit.pag.22]
La necessità di metodo nella didattica risulta funzionale alla modularità dei contenuti e al loro riesame, dunque ad una potenziale variazione di percorso.
Risulta necessario però porre l’attenzione sulla etimologia di METODO preliminarmente all’esame della centralità di esso nella ricerca.
Methodus, dal latino, methòdos (metà = per, dopo, e hòdos = via, cammino), dal greco, significano “procedere indietro per indagare” ma anche “modo per investigare”che gli Autori esplicitano in ambito didattico con una frase di grande importanza concettuale:
“Il metodo, quindi, indicando il cammino da percorrere e ripercorrere, esclude qualsiasi improvvisazione ed è costruito in modo da avere in sé i meccanismi autocorrettivi” [op.cit. pag.22]
Il metodo inteso quindi come essenza della ricerca, con un ruolo insostituibile in qualsiasi tipo di scienza, “conditio sine qua non” perché si possa definire come tale anche la didattica.
Questo termine ha assunto nei secoli valenze diverse, con significati riduttivi (come insieme dei modi caratteristici di un certo tipo di insegnamento) o parziali (tecnica particolare d’insegnamento), anche impropri ma, ed è ciò che conta, c’è stata una lenta, inesorabile presa di coscienza dell’imprescindibilità di un suo inserimento all’interno della programmazione didattica, all’interno di un sistema organizzativo in cui è ben chiaro l’obbiettivo da raggiungere, in cui tutto è progettato e “schedulato”, senza peraltro dare per certa e definitiva una particolare tecnica rispetto ad altre.
Dire che un metodo è migliore di un altro o escludere “a priori” che una tecnica possa essere impiegata per raggiungere un obiettivo significa commettere un errore non solo dal punto di vista didattico/applicativo, ma anche dal punto di vista concettuale in quanto non si può eludere il “feed – back” dell’allievo, non si può non considerare, in sede di pianificazione didattica, la possibilità di dover correggere in base al contesto ed ai soggetti con cui ci si trova a doversi confrontare.
Il metodo dunque “che ha un ruolo insostituibile in tutte le scienze, e quindi anche nella didattica, è quello che richiama alla necessità di un’organizzazione sistematica e logicamente difendibile del cammino della ricerca” [op.cit.pag 23]
Questa centralità del metodo in un impianto scientifico e quindi didattico era completamente ignorata dal mondo antico proprio per l’immutabilità della conoscenza, per la considerazione del rapporto maestro/allievo il cui cambio prospettico, definitivo, è giunto solo nella seconda metà del XX secolo.
Per arrivare a connotare in modo organico il percorso evolutivo del metodo si devono delineare le due tipologie cui si può ricondurre la metodica antica:
-
IL METODO DOGMATICO ( o ESPOSITIVO)
-
IL METODO INTERROGATIVO ( o DIALOGICO)
Se ci volessimo soffermare sull’oggettivo “dogmatico” supponendo di astrarsi dal contesto antico, si compirebbe certamente uno sforzo a volerlo associare in toto ad un metodo didattico o quanto meno avrebbe un connotato fortemente parziale nell’ottica della didattica moderna.
Ma, soprattutto in questo caso, non si può prescindere dal contesto storico e il metodo dogmatico viene delineato dagli Autori, con i suoi forti limiti, ma con gli spigoli resi meno vivi proprio dalla storia stessa dell’uomo in cui i dogmi e gli assiomi erano necessari per compensare l’inspiegabilità della condizione umana, laddove mancavano le basi minime per una sopravvivenza dignitosa; erano i mezzi al servizio di chi non doveva avere bisogno dell’unanime spontaneo consenso delle masse.
In questo contesto quindi va inquadrato il metodo dogmatico: un’ipotesi formulata da un filosofo sulla quale egli fonda la sua dottrina è di per sé indiscutibile e indubitabile, ciò che trasporto in ambito didattico diviene emarginazione da parte dell’insegnante nei confronti della dialettica e della ricerca, quindi assolutismo intellettuale.
Si può parlare di dogma in campo didattico solo se gli attribuiamo un valore di base, un significato di partenza su cui costruire trasformando, riprogettando, adattando, interagendo, creando, la struttura educativa dell’allievo, non certamente dandogli la connotazione di obiettivo cui tendere.
L’altro metodo, che ci spaventava meno etimologicamente parlando, vede protagonista del processo educativo il dialogo tra maestro e discepolo, in cui il raggiungimento della conoscenza avviene tramite un processo maieutico che presuppone la verità e la conoscenza insiti in ogni individuo. Il metodo in questo caso serve per fornire all’allievo la consapevolezza dell’inconsapevole.
Le caratteristiche comuni dei due metodi antichi possono essere cosi schematizzate:
- ANALISI: ovvero scomposizione sistematica della materia oggetto dell’insegnamento;
- SPIEGAZIONE: che assume la valenza di semplificazione; esporre nel modo di più chiaro possibile secondo una logica incorreggibile (sillogistica);
- PROGRESSIVITA’: procedere dall’argomento più semplice a quello più complesso sempre seguendo la logica del maestro che ovviamente esclude retroazione;
- FORMALIZZAZIONE: fare in modo di astrarre i concetti dal contesto reale;
- MEMORIZZAZIONE: attuazione di strategie mestiche tese ad ottimizzare “l’archiviazione” e il recupero di concetti;
- ESEMPLIFICAZIONE ed IMITAZIONE: concretizzare i concetti al fine di stimolare le capacità emulativa e imitativa dell’allievo;
- AUTORITA’: come autoritarismo; esclude il tributo spontaneo degli allievi, imposta dalla società in base alla funzione svolta dal maestro;
- IL CASTIGO: apprendimento basato anche sulla paura di punizioni corporali e non;
- INTUIZIONE: intesa come conseguenza della volontà del maestro di far penetrare meglio quanto sta spiegando in virtù della quale l’allievo riesce a intuire i passaggi successivi del percorso tematico;
- SINTESI: ricomposizione quanto scomposto in sede di analisi.
L’impianto metodico, ci rivela in tutta la sua pienezza i suoi limiti ovvero i fondamenti della primordiale rivoluzione concettuale nella pedagogia a partire dal XVI secolo: la passività dell’allievo nel processo dell’insegnamento e il meccanismo delle modalità della conoscenza.
“Dal mondo greco fino all’inizio dell’età moderna …… i metodi pedagogici ……quasi sempre legati a una concezione statica e autoritaria della cultura e ad una visione a scientifica e antistorica dell’uomo……si fondano sul presupposto intellettualistico che insegnare significhi trasmettere a singoli individui o a gruppi ristretti, attraverso il linguaggio parlando e scritto, un contenuto predeterminato di natura prevalentemente o esclusivamente letteraria e retorica la cui intrinseca logica determina le forme i modi e i tempi dell’insegnamento.” [T.Tomasi, Il metodo nella storia dell’educazione, Torino, Loescher, 1985, pp.5-6]
A questo punto viene spontaneo porsi una domanda: qual è stata la molla che ha fatto superare tali concezioni, che ha fatto superare l’immobilismo metodologico a favore di un dinamismo intellettuale con al centro dell’attenzione l’individuo?
I presupposti per la rivalutazione dell’individuo come soggetto-oggetto all’interno del processo educativo vengono fondati nel periodo rinascimentale dove l’azione di trasmissione come fine ultimo nella scuola viene completata dallo stimolo alla trasformazione.
I presupposti per la rivalutazione dell’individuo come soggetto-oggetto all’interno del processo educativo vengono fondati nel periodo rinascimentale dove l’azione di trasmissione come fine ultimo nella scuola viene completata dallo stimolo alla trasformazione.
E’ nel naturalismo rinascimentale, cui si deve il decollo della scienza a cavallo dei secoli XVI e XVII, e nella crisi dell’unità religiosa e spirituale del continente europeo che troviamo la risposta alla domanda che ci eravamo posti.
Infatti, gli sforzi compiuti da personalità quali Cartesio, Bacone, Galilei, nella ricerca di un metodo unitario che caratterizzi la ricerca scientifica, per poter mettere a frutto anche l’opera di personalità geniali quali Leonardo da Vinci aprono la strada ai cambiamenti decisivi, radicali dei secoli immediatamente seguenti, decisivi per la storia dell’umanità.
Inoltre dal punto di vista storico-sociale gli elementi che più hanno contribuito al progresso scientifico moderno sono rappresentati dal fallimento della Controriforma nell’intento di fermare le teorie riformatrici e recuperare l’unità religiosa in Europa; dalla summa di guerre di religione e guerra dei trent’anni con il risultato di un declino dello stato feudale e l’emergere del concetto di stato moderno, in cui gradatamente la borghesia si sostituisce al posto di clero e nobiltà.
Da tutto ciò consegne una profonda trasformazione della cultura. Infatti la teologia e la metafisica scolastica entrano in declino e la loro posto subentrano studi scientifici e tecnici, in quanto essi rispondono alle nuove esigenze pratiche della classe borghese.
Puntare sulle risorse innate, naturali, di tutti gli uomini, e scoprirle studiando la natura, ecco uno dei frutti delle teorie naturaliste del periodo rinascimentale, supportate anche da F. Bacone, filosofo-scientifico, da cui si è cercato di estrapolare un metodo universale che si fondi sulla natura del soggetto al centro del processo conoscitivo, considerandone peculiarità e interessi.
Nel contesto rinascimentale di età della scienza si inserisce Cartesio, considerato l’iniziatore del pensiero moderno e del metodo razionalistico, il quale rivendica il primato, l’autonomia della ragione umana sul ricorso al soprannaturale per giungere alla verità, pensiero dominante durante il medio evo.
Egli sosteneva che l’uomo tramite la ragione raggiunge autonomamente la verità senza ricorrere al soprannaturale a condizione di essere sostenuto da un corretto metodo per organizzare i pensieri e le conoscenze.
La scienza, dunque, quali frutti dà ai fini del progresso in campo educativo?
L’esigenza di razionalizzare, di dotarsi di un metodo che sia di ausilio alla ricerca fanno progredire la scienza e nel contempo proiettano sulla metodica una luce di razionalità che instrada la didattica nel cammino che la porterà ad essere considerata scienza essa stessa.
Le nuove esigenze sociali, il progresso scientifico, la convinzione che l’efficacia dell’educazione sia funzione di una sua razionalità, sono all’origine di una metodica più soggettiva, basata su norme derivanti dalla natura dell’alunno, dalle sue capacità di apprendere.
Di fronte alla nuova realtà di scuola moderna, il metodo e la didattica assumono sempre maggiore rilevanza soprattutto in virtù dell’aumento dell’utenza scolastica con funzioni ben più ampie che in passato.
E’ dalla riflessione sulle nuove prospettive dell’educazione e del metodo, sui loro compiti specifici, anche in funzione del riscatto dell’uomo dalla sua condizione istintuale, primordiale, che la didattica si pone come scienza, ovvero superando la coincidenza della funzione didattica con il solo metodo, assioma che ha caratterizzato il mondo antico.
“Il
metodo diventa veramente il procedimento che garantisce la razionalità del
lavoro didattico, ma non esaurisce più il lavoro didattico. Esso è uno
strumento indispensabile ma non unico della didattica; soprattutto non è
elaborato una volta per tutte, ma è soggetto a variazioni, a cambiamenti, a
trasformazione, in funzione della sua applicazione guidata dai principi della
didattica come scienza.” [op.cit.pag
27]
Quindi non metodi migliori di altri, non standardizzazione metodologica ma adeguamento, strategia modulare, interazione didattica, partecipazione, ricerca queste sono le caratteristiche che ritroviamo nei metodi moderni con stessi componenti della metodica antica, ma con funzioni radicalmente diverse.
Infatti, analizzando le stesse caratteristiche sopra commentate possiamo estrapolare la nuova valenza che ogni singolo termine ha assunto in seguito alla diversa considerazione e al rovesciamento di prospettiva di cui sono stati oggetto il metodo e la didattica:
ANALISI: flessibilità e adattamento in base a circostanze e soggetti di riferimento;
SPIEGAZIONE E SEMPLIFICAZIONE: ottimizzati secondo la psicologia del discendente;
PROGRESSIVITA’: non più da facile a difficile ma gradualità di proposta delle unità didattiche in modo sperimentale;
FORMALIZZAZIONE: rendere astratta la realtà facendo però interagire sempre verba e res ovvero astratto e reale;
MEMORIZZAZIONE: non più ripetizione ma porre in essere situazioni tali che ci sia motivazione al recupero delle informazioni per la risoluzione del problema;
ESEMPLIFICAZIONE E IMITAZIONE: considerare gli allievi degli sprovveduti in fase di formazione e affinamento per allontanare il rischio che l’allievo ricordi l’oggetto dell’esempio e non il concetto; l’allievo deve essere attratto non solo da ciò che fa il maestro ma dalla presa di coscienza della fattibilità e da come deve essere fatto;
AUTORITA’: come autorevolezza, come insieme di autorità e prestigio che legittimano il decente a far compiere sforzi per acquisire conoscenze.
EMULAZIONE: come impegno a imitare le virtù altrui, emulo come modello per l’acquisizione di apprendimenti esemplari.
CASTIGO: derivante dal fatto di non essersi sentito in grado di assolvere il proprio compito, di non aver saputo approfittare di una gratificazione intellettuale derivante dalla soddisfazione della conoscenza.
INTUIZIONE: con la sua accezione etimologica di “guardare dentro”, visione più profonda, non come abbreviazione di percorso, ma capacità percettiva maggiore di un determinato fatto; presuppone allenamento;
SINTESI: come per l’analisi è funzionale delle esigenze di
apprendimento dell’allievo oltre a quanto dato in precedenza.
Tutti questi elementi necessitano di essere verificati e valutati per essere organizzati in rapporto al contesto ed al soggetto. Questi procedimenti rappresentano di per sé la nuova impostazione dell’educazione con connotazione scientifica, con fini generali, sociali e pedagogici, positivi.
La nascita di un nuovo concetto di educazione tutto basato sull’individuo oggetto del processo educativo che lo vede accomunato al maestro proprio per mezzo del metodo che è univoco per entrambi, lo sviluppo parallelo di discipline quali la psicologia sono l’effettivo risultato del superamento dell’omologazione educativa tipica delle scuole antiche.
“Maestri si diviene non si nasce” l’insegnamento adesso è un “facilitatore dell’apprendimento ……..esperto e competente ricercatore delle strategie più adatte per rapportarsi con l’allievo valutando nel suo complesso in itinere, tutti gli aspetti e le tappe del processo di apprendimento che con lui ha cercato di avviare.” [op.cit. pag 30]
In questa prospettiva, con la nascita e lo sviluppo delle discipline facenti parte oggi delle scienze dell’educazione, il metodo non è più modo di formare allievi e di fare scuola genericamente, ma rappresenta l’essenza dell’educazione stessa.
Riccardo Gonizzi, febbraio 2002
BIBLIOGRAFIA:
- Carlo Sini, “I Filosofi e le opere. Antologia filosofica per le scuole medie superiori” Milano, Principato, Ed. 1979.