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      Il maestro 
      unico è probabilmente la scelta più nota fra quelle contenute nei 
      cosiddetti “Provvedimenti Gelmini”, che pure ospitano altre decisioni non 
      meno eversive rispetto alla qualità della scuola italiana. Si tratta di 
      una scelta effettuata prima di tutto per risparmiare, lo ha dichiarato 
      espressamente lo stesso Ministro, ma per la quale si sono poi ricercate 
      alcune motivazioni “pedagogiche” al fine di renderla meno rozza e tentare 
      perfino di farla diventare accattivante. La più consistente, fatta propria 
      dallo stesso Presidente del Consiglio, riguarda la necessità di fornire un 
      punto di riferimento educativo “certo” e appunto “unico” agli studenti e 
      alle loro famiglie che risulterebbero frastornati dal dover interagire con 
      un team di docenti articolato e, per di più, a rischio di non essere 
      sempre univoco nei comportamenti pedagogici e didattici. 
      Decisioni successive, derivanti dalla forte reazione ai provvedimenti ma 
      anche dalla insipienza amministrativa dell’attuale gestione ministeriale 
      che appare specializzata nel fare scelte tecnicamente irrealizzabili, 
      hanno messo in discussione quanto già legiferato sul maestro unico. Quest’ultimo 
      appare oggi collocato in una non ancora chiara pluralità di modelli, con 
      la possibilità che i maestri siano due, tre o ancora di più. Inoltre 
      risbuca nelle parole del Ministro e dei suoi colleghi il concetto di 
      maestro “prevalente” (quindi non più “unico”, ma collega di altri maestri 
      meno importanti) introdotto a suo tempo nel dibattito sulla riforma della 
      scuola dal Ministro Moratti. 
      Difendere o anche solo argomentare sul piano pedagogico l’operato del 
      Governo su questo tema (come peraltro su tanti altri) appare una missione 
      impossibile. Va affermato con chiarezza che la scelta del maestro unico a 
      chiunque si interessi di educazione appare essere un’enorme sciocchezza. 
      Probabilmente lo era anche nel passato (nonostante le affermazioni fatte 
      perfino su “La Repubblica” da alcuni saggi incompetenti, come Citati e 
      Pirani), ma lo è di sicuro oggi. 
      E’ una sciocchezza innanzitutto a fronte della qualità della competenza 
      disciplinare richiesta all’insegnante, anche nella scuola primaria. 
      Occorre sapere di più per insegnare agli allievi più piccoli di quanto non 
      sia necessario sapere per insegnare a quelli più grandi. Solo una 
      conoscenza approfondita degli argomenti di studio permette di non 
      presentarli in modo nozionistico, di sostenere percorsi di conoscenza che 
      passino attraverso l’attivazione di esperienze di ricerca e di creatività 
      dell’allievo. E non si può di certo chiedere ad ogni singolo maestro di 
      conoscere bene tutte le discipline… 
      E’ una sciocchezza sul piano della gestione sociale e relazionale della 
      classe. I gruppi classe sono oggi più che mai caratterizzati da 
      eterogeneità culturale e linguistica: vengono da situazioni familiari e 
      sociali quanto mai diverse per abitudini quotidiane, scelte religiose, 
      modelli educativi. Solo la presenza di più figure di docente può dare la 
      possibilità di una conduzione veramente attenta alla realtà di ogni 
      allievo, in un contesto che rimane comunque problematico. Il maestro unico 
      non può essere una chioccia esclusiva per una covata così contrassegnata 
      da elementi di diversità e specificità. 
      Infine, se si escludono le scelte individuali che concernono il piano 
      della fede e non quello della ragione, parlare di “unicità” dei punti di 
      riferimento quando si affrontano problemi educativi e culturali appare, 
      oltre che una sciocchezza, una scelta autoritaria e non democratica. Il 
      bambino ha diritto di crescere nella plurilateralità dei punti di vista, a 
      scuola come in famiglia. Ha diritto a confrontarsi con più adulti che a 
      loro volta si confrontano fra di loro. Ha diritto ad essere disintossicato 
      dalla “unicità”, che si nasconde dietro l’apparente varietà dei messaggi 
      della televisione e del mercato, facendo riferimento non ad una sorta di 
      “direttore spirituale”, il maestro unico, che gli insegni il Vero, il 
      Bello e il Buono, bensì ad un gruppo contenuto di docenti disponibili a 
      programmare (con le ovvie difficoltà che questo comporta) percorsi di 
      apprendimento e di socializzazione nei quali la chiarezza si incontri con 
      la pluralità delle idee. Nei quali l’esigenza di non frastornare il 
      bambino sappia comporsi armonicamente con quella di non chiudergli la 
      mente. 
      Il concetto di maestro unico, sul piano pedagogico, fa solo rima con 
      quello di pensiero unico, cultura unica, lingua unica. E tutto questo 
      propone un futuro troppo ispirato ad un passato del quale non dovremmo mai 
      smettere di vergognarci.  
       
       
       
       
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