INTRODUZIONE AL RUOLO DEL FORMATORE
MILITARE
in connessione con i principi della
didattica generale contemporanea
1996
copyright riservato all'autore
Questo saggio è stato scritto in collaborazione con il C°2^ Cl. Fr. Merolli Italo, coordinatore del gruppo di lavoro nell'ambito di Mariscuola-Taranto, corso 'P', cattedra di Metodologia didattica, febbraio 1996.
Durante la frequenza del corso di Metodologia della didattica, che si svolge presso la Scuola Sottufficiali della Marina Militare di Taranto, i frequentatori si trovano per la prima volta di fronte ad una disciplina di cui posseggono solo pochi pre-requisiti, acquisendo gradualmente la consapevolezza, prima del ruolo, che in ogni situazione dove c'è necessità di comunicare, informare ed insegnare, sia una semplice nozione o una materia complessa, solo l'utilizzo di metodi e di tecniche ben precise permettono di ottenere risultati di rilievo. In determinati campi lavorativi, in particolare in quello militare, dove vige una struttura di tipo verticale e quindi tutti hanno un superiore e dei subordinati, evidentemente il ruolo di formatore è fisiologico, sebbene sia da rendere conseguenziale. Lo scopo di questa nostra analisi, non è quello di studiare nei dettagli le diverse tipologie inerenti ogni singola specializzazione/categoria e grado di appartenenza di ogni militare, bensì quello di focalizzare il nostro interesse su quella che è una figura significativa e importante nell'apparato militare. Si tratta del Sottufficiale appartenente al ruolo "MARESCIALLI", Sottufficiale in possesso di una certa anzianità di servizio, che è sempre stato considerato un punto di riferimento per i compiti d'istruzione sia al personale di leva sia ai colleghi più giovani. Molto spesso, pur non avendo affrontato ancora in modo sistematico e scientifico le problematiche didattiche specificatamente ai metodi di insegnamento, il personale ha, nella generalità dei casi, già operato esperienze dirette o indirette di insegnamento, non potendo ancora, però, avviare una riflessione più organica intorno all'efficacia dello stesso e alla qualità dei suoi risultati. Il corso di Perfezionamento, nel prevedere il superamento dell'esame in Metodologia didattica, preceduto da una o più prove di tirocinio pratico, si propone proprio l'obiettivo di far acquisire il ruolo di formatore militare con la conoscenza e applicazione dei principali principi della didattica generale contemporanea, in modo da sostanziare un'efficace prassi educativa. In un sistema dove la conoscenza costituisce la principale risorsa e le modalità di apprendimento acquisiscono importanza nel consentire sia l'accesso alla conoscenza, sia la valorizzazione delle competenze acquisite, non sorprende l'individuazione di un obiettivo così significativo. Nell'analisi di Lundvall (1994), l'esclusione e la marginalizzazione, anche in campo professionale, dipende in larga misura dal mancato accesso alle reti di produzione e codifica delle conoscenze: la dotazione di informazione e conoscenza costituisce allora un compito istituzionale di primaria importanza nell'ambito di organizzazioni finalizzate, come in questo caso, alla massima efficacia e produttività operativa nell'ambito di interesse collettivo. Deve accogliersi, in questo senso, la premessa formulata da F.Fabbroni (1993), secondo cui "il secolo che sta per tramontare - il ventesimo - è stato, per quanto concerne il campo dell'educazione, il secolo della pedagogia. (..) il ventunesimo secolo sarà, con alti indici di probabilità, il secolo della didattica." Questo perché la didattica già dispone di una propria epistemologia, di una propria logica formale, di una propria metodologia, di un proprio linguaggio, di una propria logica empirica. Non c'è didattica teorica se non entro la didattica operativa, come continuo e incessante bilancio delle esperienze: la metodologia diventa la prassi educativa della didattica. È necessario allora pianificare la trasmissione delle conoscenze e programmare le opportunità di apprendimento, anche se le modalità apprenditive non possono essere comprese senza un'adeguata analisi del contesto istituzionale in cui si sviluppano.
* Dove e quando i principi della metodologia didattica trovano o possono
trovare applicazione nel particolare contesto lavorativo di tipo militare?
È bene sottolineare la peculiarità dell'ambiente dove opera
la maggioranza del personale, in particolar modo il personale appartenente
alla Marina Militare. I locali di vita e operativi di una Unità
Navale o di un Sommergibile si differenziano notevolmente da qualsiasi
altro ambiente lavorativo, sia per gli spazi molto ristretti, in cui bisogna
operare, sia per gli angusti spazi vitali privi, peraltro, dei più
essenziali fattori naturali quali la luce e l' aria.
Un allievo che imbarca su di un' Unità Navale si ritrova a vivere
in una dimensione completamente nuova ed ostile; è naturale che
il primo impatto può essere traumatizzante per il proseguo dell'attività,
sia essa operativa o formativa, che il predetto sarà chiamato a
svolgere nel corso del suo impegno militare. La situazione ambientale di
una nave non è certo la peggiore se prendiamo in considerazione
l'impatto che una qualsiasi persona può avere nel momento in cui
viene destinato a bordo di Unità particolari, quali ad esempio
un Sommergibile o una Motovedetta appartenente al Corpo delle Capitanerie
di Porto, le quali ultime sono tenute ad intervenire, nell'espletamento
delle proprie mansioni, in qualsiasi orario e con ogni condizione meteorologica,
con compiti quindi sicuramente più gravosi per i quali è
richiesto un fondamentale adattamento all'ambiente in tempi brevi e senza
superficialità, in quanto anche l'ultimo arrivato si renderà
conto che il suo contributo, in quel determinato momento, può essere
di fondamentale importanza e in taluni casi vitale per l'incolumità
altrui.
In merito, c'è da ricordare la presenza di quei Reparti Speciali,
dove vige una particolare disciplina militare, determinante per il raggiungimento
ed il conseguimento dell'attività operativa prevista nella formazione
di personale altamente specializzato.
Anche l'impiego presso gli Uffici dislocati a terra, comporta
da parte del nuovo arruolato, una certa dose di adattamento, trovandosi
ad operare in strutture militari e quindi vincolate ai principi
della stessa istituzione.
Nel passato e spesso anche nel presente, si è cercato di istruire
i nuovi arrivati ed i più giovani basandosi, in particolar modo,
sull'esperienza personale, sia per quanto riguarda le materie professionali,
sia nell' instaurazione dei rapporti interpersonali. L'innalzamento
del livello culturale nei livelli di base, dovuto ad una percentuale
sempre più alta di diplomati che accedono alla carriera, ha determinato
la necessità di portare il personale preposto alla "formazione"
a un livello di preparazione culturale e professionale sicuramente più
elevato rispetto a quello attuale. È imperativo che il comportamento
del formatore militare non dovrà più essere improntato
solo sull'esperienza vissuta dal singolo, ma dovrà altresì
essere improntato su vere e proprie basi didattiche apprese nei centri
di formazione preposti.
Alla necessità di cambiamento, non corrisponde un cambiamento
immediato e per questo motivo il personale che si troverà a formare
gli allievi nei prossimi anni sarà quello investito da un compito
molto arduo, in quanto i periodi di transizione sono sempre i più
difficili. Ma l'innovazione è un fenomeno connesso ai processi formativi,
legata strettamente, com'è, alla sperimentazione e alla ricerca.
Si può convenire con F.Priore (1990), sul fatto che bisogna preventivamente
accordarsi sul significato da dare a questi termini:
"Spesso vengono chiamate sperimentazioni quelle che
sono solo esperienze; viene chiamata ricerca quella che è solo una
raccolta occasionale di dati e innovazione quella che è, invece,
una copia personalizzata ed enfatizzata di un modello. In tutto questo
non è solo carente la formazione di base dell'insegnante, ma anche
l'aggiornamento, che, quando non è consumo di teorie, diventa esaltazione
tecnicistica di modelli didattici. Come vediamo, la confusione e il pressappochismo
sono conseguenze più di una traballante politica scolastica che
dell'approfondimento epistemologico".
Per cui
"il concetto di innovazione ha una sua autonomia se viene considerato
obiettivo di ogni ricerca che, a sua volta, caratterizza l'innovazione
per il grado di credibilità scientifica. L'insegnante che 'fa esperienza
dell'esperienza' produce modificazioni professionali in grado di avviare
innovazioni educativo-didattiche. Queste non sono credibili dal punto di
vista scientifico, anche se possono essere ripensate in tempi lunghi. Infatti,
la storia dell'educazione è storia di esperienze, di istituzioni
educative, di programmi, di riflessioni, di singoli casi, di tentativi
di innovazioni. La ricerca logica o la filosofia dell'educazione, o le
teorie dell'educazione ipotizzano innovazioni che vanno prima verificate
e poi realizzate; sui dati ritorna la riflessione teorica e così
in un processo senza fine. Anche la ricerca comparata, studiando le differenze,
suggerisce itinerari nuovi, pur nel rispetto dello specifico contesto socio-culturale."
Superficialità e pressappochismo vanno dunque banditi dai caratteri
dell'innovazione e la metodologia didattica, finalizzata ad una più
efficace mediazione comunicativa interattiva, può migliorare e rendere
i compiti assegnati proficui dal punto di vista dell'efficacia operativa
e della formazione qualitativa. Il personale da formare può
essere in ferma di leva o in ferma volontaria ed è quindi personale
che è stato chiamato ad assolvere un determinato compito, o che
volontariamente ha scelto la carriera del Sottufficiale di Marina come
lavoro.
* L'esperienza dimostra che la
prestazione operativa del personale di leva, nella maggior parte
dei casi, non raggiunge livelli adeguati a causa della superficiale preparazione
che ricevono nei Centri di Addestramento; questo perché il metodo
di insegnamento, nella maggior parte dei casi, mette in atto da parte dell'allievo
un apprendimento meccanico e non significativo; questo è dovuto
sia alla poca disponibilità temporale da parte del docente nell'esecuzione
del programma previsto, sia del conseguente poco interesse del discente
nell'apprendere la disciplina. Pertanto attualmente, il metodo di insegnamento
tradizionale non appare più idoneo e particolarmente utile; si deve
dar spazio alla innovazione nella ricerca di un metodo che prenda in seria
considerazione il contesto militare. L'insegnante non deve più essere
il protagonista della lezione, ma lo strumento d'informazione che può
avere la sua operatività tramite il feed-back continuo. È
naturale che all'inizio di un rapporto interpersonale ci sia una certa
diffidenza da parte dei soggetti in questione, ma questa la si può
vincere mediante il dialogo, o meglio la disponibilità al dialogo
aperto e sincero ('fase di familiarizzazione'). Questa è oltremodo
necessaria, come si è potuto ampiamente sperimentare, per i giovani
avviati alla carriera con i corsi V/o presso Mariscuola, provenienti da
esperienze familiari, culturali, formative in genere, tra le più
disparate e che si trovano spesso per la prima volta, mossi da motivazioni
non univoche, ad assumere in pieno le responsabilità della vita
insieme a quelle lavorativo-professionali. Il giovane, nella fascia d'età
tra i 18 e i 24 anni, si trova impegnato, nel tempo della formazione militare
a Mariscuola, ma anche in altri Centri di istruzione militare, in una complessa
e lunga operazione di passaggio da un'identità e appartenenza al
mondo adolescenziale ad un' identità adulta e sociale. Questo processo
implica per lui la necessità di separarsi da oggetti, affetti e
comportamenti adolescenziali, di acquisire autonomia, di abbandonare molte
volte anche privilegi e sicurezze antichi, di trovare nuove definizioni
di sé, delle proprie capacità e delle proprie relazioni.
Per l'allievo si tratta in primo luogo del bisogno di sperimentarsi, di
mettere alla prova le proprie capacità e di trovare una collocazione
e un ruolo nel contesto in cui si trova ad operare, e poi del bisogno di
realizzare e produrre qualcosa che possa essere valutato dagli altri, possibilmente
dall'organizzazione approvato e apprezzato per rimandare un'immagine di
valorizzazione e di adeguatezza (A.Rezzara, 1995). Per il giovane che affronta
per la prima volta la formazione militare, occorre dare prova di sé,
misurarsi con le difficoltà, esporsi al giudizio, produrre risultati
valutabili, ottenere valutazioni ritenute competenti e autorevoli. Egli
si trova in un insieme di condizioni che gli fanno assumere un carattere
rilevante che può essere definito di 'pragmatismo esistenziale'
(J.Bruner, 1988), a indicare un approccio alla vita realistico, concreto
e disincantato, in cui prevale una considerazione strumentale e funzionalistica
come criterio-guida per l'investimento di sé e delle proprie risorse.
L'allievo ha bisogno di riscontro immediato e di una conferma puntuale
e costante di sé e della propria capacità di produrre, di
un'associazione immediata di stimoli e risposte, un feed-back rapidissimo.
Il formatore militare può garantire, proprio in virtù
della sua stessa esperienza personale, la possibilità di conoscere,
capire e superare le ansie e le difficoltà del nuovo, nel far luce
su ciò che è ancora oscuro, nel dar ordine a ciò che
è confuso e infine nel far accettare all'allievo le proprie difficoltà
e fatiche, con consapevolezza e fiducia, e nel fargliele 'pensare' e rappresentare
a se stesso (insomma: rendere più agevole il superamento della dissonanza
cognitiva, tramite il principio di significatività e l'aumento di
motivazioni intrinseche). La possibilità di fondare delle
autentiche e intrinseche motivazioni allo studio deve procedere dalla possibilità
di individuare chiaramente e comunicare efficacemente mete, percorso e
progetto personale del giovane nell'ambito dell'organizzazione. Solo così
sarà possibile il maturarsi di una vera e propria etica della responsabilità,
tutt'uno con il ruolo che l'allievo dovrà assumere a livello professionale
e lavorativo, con piena coscienza.
Il formatore, inoltre, con il suo stesso comportamento, deve trasmettere
al discente piena disponibilità di chiarimenti della disciplina
e piena fiducia sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo, pur rispettando
la diversità dei ruoli e, nel contesto specifico, l'assunzione del
grado. L'obiettivo che il formatore militare si deve prefiggere è
quello di ottenere il massimo contributo lavorativo nel più breve
tempo possibile, ma bandendo ogni superficialismo ed empirismo deteriori.
A tal fine è necessaria una valutazione iniziale del soggetto. La
metodologia didattica di tipo 'attivo' pone l'esigenza di una valutazione
di ingresso e della misurazione obbiettiva delle conoscenze e le
abilità possedute dall'allievo. La Task-Analisys (cioè
l'analisi componenziale del compito) permette di misurare tali potenzialità
in modo da poter programmare gli obiettivi preposti dall' Ente/Comando
di appartenenza.
(..)
Si tenta qui di esporre le funzioni dell'insegnante-formatore militare,
tenendo conto dei principi della didattica generale contemporanea (Titone/Gamaleri,
cit., pp.116/120)
1) essere disponibile;
2) offrire una critica costruttiva degli obiettivi di apprendimento;
3) analizzare e valutare i problemi inerenti l'ambiente militare;
4) definire degli obiettivi d'apprendimento;
5) valutare il lavoro dei discenti;
6) preparare del materiale didattico;
7) interessare alle attività professionali future i
discenti;
8) mettere i discenti di fronte a problemi nuovi;
9) sviluppare la capacità di risolvere problemi;
10) aiutare a comprendere i principi scientifici fondamentali;
11) controllare i progressi dei discenti;
12) ricercare sistematicamente i fattori che sono alla
base dei problemi didattici;
13) far acquisire una disciplina intellettuale;
14) dare l'esempio di coscienza professionale, di affidabilità,
di senso dell'analisi e di efficacia, senza ricorrere costantemente
alla risorsa della struttura gerarchica.
3. riguardano il contesto e la struttura verticale di tipo
gerarchico, nonché l'impatto per chi si trova per la prima volta
a contatto con l'ambiente. Questo riguarda anche situazioni operative che
vengono affrontate ex-novo oppure situazioni-limite, come nel caso del
conflitto bellico.
7. è importante per permettere nell'allievo l'adeguamento
ad una maturazione intrinseca al lavoro operativo, nonché per far
sì che il formatore utilizzi la propria esperienza, mettendola concretamente
al servizio dell'apprendimento.
14. la leadership che il grado superiore pone a livello istituzionale,
deve essere costantemente verificata sul campo e trasformarsi in leadership
riconosciuta. L'apprendimento 'modelling' allora, risulta davvero
il più efficace e il lavoro didattico, individualizzato e di gruppo,
risultare altamente produttivo.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Bengt-Ake Lundvall: National systems of innovation, Pinter,
Londra, 1994.
F.Fabbroni: Manuale di didattica generale, Laterza, Bari,
1993.
F.Priore: Modelli, strumenti e misure della didattica contemporanea
- Manuale di Pedagogia operativa, Mursia, Milano, 1990.
A.Rezzara: Successo e insuccesso a scuola: la dimensione
affettiva, in Quaderni di Res, n.10/1995, Milano.
J.Bruner: La mente a più dimensioni, Laterza,
Bari, 1988.
F.Dubla: Integrazioni per schemi e definizioni classificatorie
della metodologia dell'insegnamento, Taranto, 1995.
B.F.Skinner: La tecnologia dell'insegnamento, La Scuola,
Brescia, 1972.
D.Parisi: Mass-media vs personal media, in A.Ardigò,
G.Mazzoli (a cura di) Le nuove tecnologie per la promozione umana.
Usi dell'informatica, fra macro e mini comunicazioni, Franco Angeli,
Milano, 1993. Sullo stesso tema si veda
R.Fornaca: Didattica e tecnologie educative. Storia e testi,
Principato, Milano, 1985 e
R.Maragliano: Manuale di didattica multimediale, Laterza,
Roma-Bari, 1994.
R.Titone/E.Gandini Gamaleri: Guida alla formazione didattica
degli insegnanti, Armando, 1990.