dal gruppo seminariale su:
Progettazione didattica e piani nella metodologia dell'attivismo storico
coordinamento: prof. F.Dubla
SOMMARIO (pagine a stampa)
PREFAZIONE
LA
SCUOLA DI DEWEY
CHI
E' WILLIAM HEARD KILPATRICK
L'UMANITA'
ASSOCIATA NEL PROGRESSO E NELL'EDUCAZIONE
IL
LIMITE DELL'OTTIMISMO
I
CARATTERI DELLA SCUOLA ATTIVA
L'IDEALE
ALESSANDRINO E L'IDEALE MODERNO DELL'EDUCAZIONE
L'EDUCAZIONE
IN 7 PUNTI
Carleton
Woley Washburne
BIBLIOGRAFIA
paragrafo su:
L'IDEALE ALESSANDRINO E L'IDEALE MODERNO DELL'EDUCAZIONE
L'educazione
alessandrina consisteva nell'acquisto di una conoscenza formulata da libri e
lezioni e che la prova del successo stava nel superamento degli esami
consistenti nella ripetizione fedele di ciò che era stato prima assegnato per
essere imparato.
Questa
posizione fa dell'uomo una creatura meramente intellettuale trascurando il
fondamento emotivo e attivo del pensiero.
La
scuola moderna invece afferma che la vita ed il carattere sono gli elementi
integranti dell'educazione perché secondo il K. si impara quello che si vive.
Quell'azione e quel comportamento si fissano nella mente e ne sorge il
concetto.
Quanto
più è intensa la partecipazione totale dell'individuo a quello che fa, tanto
più egli è capace di imparare specialmente perché ad una esperienza di
pensiero va unita una esperienza emotiva, così tutta la personalità si forma
insieme e sempre.
Il
K. insiste inoltre che l'atto dell'apprendere non è mai isolato come non è
mai isolato l'atto vitale.
"L'insegnante
coscienzioso", afferma il K. deve sempre avere presenti gli atteggiamenti
concomitanti che vengono così prodotti, perchè è dal "cuore che
scaturiscono i problemi della vita."
Quindi
la scuola non deve atteggiarsi come luogo dove avvengono solo esperienze vitali
o solo la trasmissione di un sapere accumulato dagli avi, ma deve anche porre
ogni cura affinché ogni insegnamento
si inserisca nel processo di sviluppo al quale l'alunno è arrivato e
scaturisca dall'interesse dell'alunno stesso; dove l'autorità degli
insegnanti non si sovrapponga mai all'iniziativa degli alunni; dove la classe
intera si senta impegnata; dove lo svolgimento della materia di studio sia
affrontata tenendo sempre presente i problemi individuali dell'alunno come
persona perché l'allievo impara quando si sente sicuro e la sua personalità
è ambientata.
Infine
l'insegnante deve porre a guida del suo lavoro un insieme di valori in modo da
aiutare i suoi alunni a imparare attraverso la loro vita attuale
e rendere la loro vita successiva capace di svilupparsi con la maggiore
possibile continuità, ricchezza, efficacia e bellezza.
Partendo
dal principio che l'alunno apprende quello che vive non ci dovrà essere alcun
programma (è la stessa vita attuale) prestabilito, tanto che due classi non
avranno mai lo stesso programma, proprio perché le esperienze vitali sono
diverse e gli alunni non possono avere mai le stesse esperienze, le stesse
inclinazioni e gli stessi interessi. Non deve esserci nella scuola nessuna ora
speciale fissata per una determinata materia. Gli alunni debbono essere
collocati la dove essi possono imparare meglio insieme.Saranno
abolite le pagelle e gli esami, che creano solo antagonismo fra gli
alunni, gli insegnante e i genitori. Se i genitori dubitano che questo sia vero
dice il K. "che emettano essi delle pagelle mensili l'uno dell'altro, il
marito verso la moglie e la moglie verso il marito. Non si potrebbe immaginare
una maniera più rapida e sicura per mandare all'aria una famiglia."
La
scuola elementare deve essere completamente fondata sopra una base di "attività"
(il così detto "projet method" che analizzeremo in seguito) e
l'insegnante aiuterà gli alunni
a scegliere e a condurre avanti le loro attività. Il programma sarà costituito
non da materie, ma da "esperienze di vita" che non possono essere
predeterminate.
La
scuola secondaria dovrà mirare a due scopi,
a fornire un'educazione generale e ad avviare alla specializzazione. Il
K. ritiene che essa possa fare ciò nel miglio modo dedicando nelle varie classi
una quantità crescente di tempo alla specializzazione. Nei primi anni il tempo
dedicato a questa deve essere di gran lunga inferiore a quello dedicato alla
cultura generale fino a raggiungere la parità con essa nell'ultimo anno della
scuola secondaria.
Il
K. insiste come nessun altro tra i maggiori esponenti della scuola del Dewey sul
carattere attivo della scuola e sulla sua parte essenziale nella formazione del
carattere e della personalità degli alunni.
Egli
ritiene che lo scopo ultimo della scuola sia quello di avviare gli alunni a
vivere una "vita buona", una vita di valori e di autocontrollo. Ma egli sa
che il cammino verso questo possesso dell'autonomia è lungo e difficile.
Perciò egli sostiene che l'autogoverno degli studenti deve essere graduato
secondo l'età e lo sviluppo loro.
Reagendo
a certe forme puramente esteriori di realizzazione dell'ideale della scuola
attiva e democratica, egli insiste sul concetto che "la responsabilità e la
considerazione per il bene comune che sono così essenziali alla democrazia
possono essere creati soltanto nella misura in cui sono vissuti".
Perciò
gli insegnanti non devono confondere le forme esteriori con la vita effettiva.
"I bambini piccoli non sono pronti per una effettiva vita di democrazia, per i
sistemi formali parlamentari o per un governo formale".
Esperimenti
di autogoverno possono iniziarsi nella scuola media e soprattutto gli studenti
della scuola media superiore potranno avvantaggiarsi di essi. Tuttavia tale
autogoverno non può essere completato neppure all'ora. E "insegnanti e
alunni devono intendersi pienamente sui limiti di controllo concessi agli
studenti".
Tra
gli esponenti dell'indirizzo sociale promosso dal Dewey, spetta al K. un posto
speciale come all'educatore e al pedagogista che meno di ogni altro si è
lasciato distrarre dai problemi della scuola. Egli è stato essenzialmente un
educatore sollecito delle sorti del fanciullo, dello studente e della scuola. In
lui trovano piena espressione le due esigenze fondamentali dell'indirizzo
dell'educazione nuova: che la scuola miri al tempo stesso a promuovere il
pieno sviluppo della personalità di ciascuno alunno mediante un sistema di
educazione massimamente individualizzata e a sviluppare un'etica sociale che
ponga lo sviluppo di ciascuno in intimo e inscindibile rapporto con lo sviluppo
di ogni altro. La teoria dell'apprendimento sviluppata dal K. sostiene dunque:
« 1) che il comportamento è tipicamente una parte essenziale del processo
dell'imparare; 2) che quest'ultimo realizza i suoi migliori progressi, e forse
anche i soli, in una situazione di concreta vita vissuta; 3) che l'apprendimento
deriva dalla condotta, non dalla semplice ripetizione delle parole . . .; 4) che
la prima applicazione di quel che si è appreso si verifica normalmente nella
stessa esperienza in cui ha luogo l'apprendere, nel fatto che l'apprendimento
interviene normalmente per dirigere il corso in avanti di questa esperienza ».
Allo stesso punto il K. crede di poter ridurre ai due seguenti i principi
dell'apprendimento: 1) «Apprendiamo ciò che viviamo e ciò che accettiamo; e
l'efficacia di ogni nostro apprendimento dipende dall'intensità con la quale
accettiamo ogni cosa che viviamo e accettiamo ». 2) « Apprendiamo le nostre
reazioni, solo le nostre reazioni e tutte le nostre reazioni; le apprendiamo
accettando di viverle e con un'efficacia pari all'intensità con cui le
accettiamo e le viviamo »(vedi allegato 3). L'impegno vitale determina dunque
l'efficacia dell'apprendimento e ne segna i confini. Ne segue spontaneo il
criterio di scelta dei contenuti scolastici dell'apprendimento e l'indicazione
del loro valore educativo. Così come evidenti risultano i suoi presupposti
organici e la sua subordinazione all'interesse, che va perennemente affinato ed
accresciuto dietro la spinta delle situazioni reali.
Sul
problema del metodo Kilpatrick assume le
stesse posizioni, del Dewey. La civiltà pedagogica occidentale
viene posta sotto accusa per il suo ricorso al modello metodico alessandrino.
Citando E. Ross egli scrive: « Per una società piramidale la più sicura, la
migliore educazione è quella che dissipa le energie della gioventù nella
ginnastica mentale, che dirige lo sguardo al passato, che coltiva la memoria
anziché la ragione, che dà grazia piuttosto che forza, che incoraggia
l'acquiescenza piuttosto che la ricerca, ed insegna a far versi piuttosto che a
pensare ». La situazione attuale americana, ribadisce K., esige che ci
liberiamo degli influssi negativi del metodo occidentale ed affrontiamo il
problema della fondazione di un metodo della ricerca più consono alla nuova e
migliore ~loso~a della vita. Il nuovo insegnamento, la sua funzione i suoi
procedimenti devono esser tali da rifuggire dall'addottrinamento e dalle sue
negative conseguenze. Un moderno insegnamento deve aiutare l'alunno: « a) ad
iniziare l'attività (a formare e scegliere i propri propositi); b) a stabilire
un piano sul modo in cui proseguire l'attività; c) a dare esecuzione al piano;
d) a valutare i progressi compiuti nel corso dell'attività ed i risultati
finali. Nel corso di questa azione l'insegnante inoltre; e) incoraggerà gli
allievi a pensare alle, a prender nota delle, indicazioni e nuove direzioni
dell'ulteriore lavoro da fare; f) li aiuterà a formulare meglio queste
indicazioni sia per chiarire il loro pensiero sia per poter richiamare e
possibilmente utilizzare più tardi queste indicazioni medesime (possibilmente
prendendone nota scritta in un libro o in un registro in modo da potervi far
riferimento in futuro); g) aiuterà il fanciullo a vagliare criticamente il
proprio pensiero durante il corso del suo svolgimento, o alla fine, secondo quel
che gli par meglio; e, finalmente h) ripercorrerà l'intero processo sia per
scegliere e fissare i più importanti tipi di apprendimento in esso implicati,
sia per trarre dai successi, come anche dagli insuccessi riportati, una serie di
insegnamenti per il futuro »(vedi allegato 4). Su queste premesse si fonda il
« Metodo dei progetti » espressione in uso già dal 1908 nell'insegnamento
agricolo americano e da K. ripresa e lanciata nel 1918. Il suo scopo è quello
di educare a pensare, poiché si pensa quando ci si propone un fine e si fanno
dei progetti. Quattro sono i tipi di progetti che K. individua: 1) il «
Producer's project »: è il momento dello scopo della produzione; 2) il «
consumer's project »: lo scopo non è più produrre ma utilizzare in qualche
modo la cosa prodotta; 3) il « problem project »: mira alla soluzione di un
problema o al chiarimento di una difficoltà di tipo puramente intellettuale; 4)
lo specific laerning project»: lo scopo è la perfezione di una tecnica (vedi
allegato 5).
Il
fine del metodo dei progetti è, secondo K., quello di determinare il campo
pratico di esercizio dell'attività intellettuale e di far rivivere all'allievo
le tappe del processo civile. Ma c'è chi vede nel metodo dei progetti un
allargamento delle stesse prospettive deweyane. Scrive il Wynne: « Con un
metodo concepito in modo tanto ampio da comprendere e da reinterpretare tutti
procedimenti e le tecniche generali, viene anche ad allargarsi in modo notevole
la comprensione delle implicazioni pratiche della teoria dello sviluppo e della
ricostruzione dell'esperienza definita dal Dewey. Molti sono coloro che hanno di
fatti considerato il « metodo dei progetti » non come un semplice mezzo o una
tecnica collegata ad altri mezzi e tecniche, ma come una serie di principi
d'applicazione generale; e uguale estensione ha avuto l'idea del metodo di
applicarsi in modo da comprendere tutti gli aspetti dell'esperienza e dà
sollecitare l'« apprendimento simultaneo ». Lo stesso Wynne fa notare che
l'ultimo K. al carattere prevalentemente psicologico della primitiva
formulazione del metodo ha aggiunto, se non sostituito, quello etico, inserendo
nella tecnica dell'insegnamento « i valori che costituiscono l'esistenza degna
d'esser vissuta e i tratti del carattere democratico ». Siamo perfettamente
d'accordo. E ben più vasto difatti lo spirito della Phylosophy of Education di quello della Foundations of Method. Le nostre riserve sono invece di ben altra
natura. Col secondo K. il « Projets Method » viene non allargato, ma
semplicemente superato. Non si vede di fatti come sia possibile una tecnica di
progettazione dei valori senza che questi stessi decadano. Se per la
ricostruzione di un certo tipo di esperienza può accettarsi una qualche
programmazione, questa non è possibile ove si tratti della creazione (che non
è ricreazione) dei valori spirituali. Quando K. stabilisce a priori una «
mappa axiologica » dei valori cui educare l'alunno ricade nelle teorie
trascendentiste tanto vivacemente da lui criticate. Se i valori sono tali in
quanto solo dalla vita nel suo improgettabile ritmo possono emergere.
Lo
scopo ultimo del progetto, senza il quale nulla, nemmeno lo scrivere e il far di
conto, s'apprende. Ora l'interesse è ricco e mutevole, e non si vede perciò
come i progetti possano essere a priori determinati e limitati. C'è
evidentemente una contraddizione, tanto più che affinché il fanciullo possa
costruirsi il proprio ordine logico sotto la guida del maestro, come K.
desidera, non è necessario gli si delimiti il campo delle idee da organizzare,
che sarebbe una costrizione, ma la sua libera ed aperta inventività saggiamente
si guidi. Insomma: l'idea di progetto in sé può pure, fino ad un certo punto,
apparirci giustificata. E la determinazione dei progetti che ne tradisce lo
spirito.
Dopo
queste osservazioni che riguardano l'educazione in generale K. si sofferma
sull'educazione del « college », il cui corso di studi egli distingue in
quattro settori, ciascuno con finalità sue proprie: « 1) il lavoro
fondamentale o generale, che mira all'educazione generale, comprensiva o comune
per tutti; 2) il lavoro professionale la diretta educazione professionale e la
preparazione pre-professionale per gli studi ulteriori di medicina, di legge, di
ingegneria é simili; 3) gli interessi speciali, di solito non professionali,
come la letteratura o la musica o l'arte o l'economia, normalmente una
specializzazione nelle materie comprese più genericamente sotto il numero 1);
4) il lavoro sperimentale obbligatorio per tutti, ma adattato a ciascuno »
(vedi allegato 6).
Per
quanto concerne il governo e l'amministrazione della scuola sono i seguenti i
problemi che egli ritiene riguardino direttamente gli insegnanti: il numero
degli alunni, che ritiene non debba essere inferiore a venti e non superiore a
trenta per le scuole primarie e secondarie e minore nelle scuole preparatorie;
la formazione del corso di studi, che riguarda l'intero consiglio direttivo
della scuola, ma non tanto da impedire la libertà e l'iniziativa del singolo
insegnante; la preparazione della mappa dei valori scolastici, di cui s'è sopra
accennato; il registro individuale che va continuamente aggiornato; i rapporti
coi familiari, che non devono ridursi, come una volta, alla semplice
comunicazione dei risultati degli esami, ma devono fondarsi su una « politica
di fiducia reciproca e di conversazioni adeguate » non sempre agevole, ma da
considerarsi come la « meta desiderabile in direzione della quale occorre
lavorare»; i voti, cui non deve darsi alcuna importanza in una scuola ove la
preoccupazione vera sia la vita; gli albi d'onore ed i premi, che bisogna
bandire come stimolo all'ipocrisia, all'arrivismo ed alla frode; la promozione
infine che in una vera scuola è un concetto che va abbandonato: « Se qualche
lettore si sente turbato all'idea di dover abbandonare il concetto di promozione
chieda a se stesso che significato ha la promozione per i ragazzi che ancora non
vanno a scuola. Questo bambino di due anni, per esempio, deve essere promosso al
terzo anno oppure rimandato di un anno? Che cosa farebbe la madre di diverso da
quello che fa, se decidesse di promuovere o no il bambino? Si vede subito quanto
queste questioni siano assurde. Non è chiaro che, quando l'educazione è posta
sulla base del vivere, la promozione cessa senz'altro di avere un qualsiasi
significato apprezzabile? ». Il K. si sofferma anche sui problemi
dell'amministrazione e sulla necessità di una adeguata preparazione dei
dirigenti, sulla formazione del carattere, che « non è innato, ma è
sviluppato individualmente», sull'adattamento emotivo e l'educazione,
sull'estetica nella vita e nell'educazione (c'è una estetica aristocratica ed
una... democratica!...). Ma bastino questi accenni. Ci preme concludere.
Chi
legga alcune critiche (come quelle, del resto impersonali, del Dottrens) mosse
al K., troverà messo l'accento sui pericoli di un programma « che dà ai
capricci dei fanciulli la precedenza su una intelligente direzione degli spiriti».
La Russia, che col metodo dei complessi, diffuso nelle scuole politecnicizzate,
aveva in qualche modo adottato il metodo dei progetto « ha tuttavia rinunciato
ai progetti che non hanno evidenti significati pratici ed alla troppo grande
libertà lasciata ai fanciulli nella scelta dei soggetti » « aarté trompeuse
que celle des paroles! » Sembra qui accusato K. d'aver lasciato agli allievi
una libertà di cui noi abbiamo invece avvertito la sostanziale mancanza. Come
mai questa contraddittoria interpretazione? Si risolve ove si precisino il campo
e la direzione della libertà. Questa può riferirsi o alla scelta dei soggetti
nell'ambito della progettazione o alla stessa progettazione. Noi la
determinazione a priori dei progetti abbiamo contestato: essi vengono a
prestabilire un'area di movimento spirituale che riteniamo non possa essere
delimitata senza coartare il processo e soffocare il vasto rèspiro della
ricerca. Per il resto non ci sembra che K. abbandoni il fanciullo ai suoi
capricci. Egli prevede, e come, la guida intelligente dell'insegnante e
stabilisce, in questo modo, un equilibrato rapporto autorità-libertà. Che poi
nella pratica ciò non si realizzi non è certo colpa del K.: di certi suoi
seguaci, semmai, che a lui stanno come gli Herbartisti ad Herbart ed i
Froebeliani a Froebel: figliolanza di modesta levatura che avvilisce a morto
metodo ciò che era nato come non schematizzabile istanza.
G.
Treccani, Dizionario Enciclopedico Italiano, Roma, 2000.
L.
Borghi, John Dewey e il pensiero pedagogico contemporaneo negli Stati Uniti,
La Nuova Italia,1951
Internet,
http://www.arifs.it/internaz.htm
Internet,
http://helios.unive.it/~corc_sis/pedagogia/
doc/09.doc