A
cura di D'Amicis Antonio
(saggio
per il corso 'P', esami maggio 2002)
INDICE
ADOLPHE FERRIÈRE |
LA CONCEZIONE DEL
FERRIÈRE |
LA SCUOLA
TRADIZIONALE |
LA NASCITA E LA
DIFFUSIONE DELLA SCUOLA ATTIVA |
LA SCUOLA ATTIVA |
ADOLPHE FERRIÈRE E
LA SCUOLA ATTIVA |
LA SCUOLA SU MISURA |
I 30 PUNTI DEL
B.I.E.N. |
SCUOLA ALL'APERTO |
IL LAVORO NELLA
SCUOLA ATTIVA |
RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI |
ADOLPHE
FERRIÈRE
Psicologo
e pedagogista (Ginevra 1879 - ivi 1960). Fondatore nel 1899 e direttore fino
al 1925 del Bureau international des ecoles nouvelles (Ufficio internazionale
delle scuole nuove); professore (1912-22) all'Istituto J.-J. Rousseau, fondato
da Edouard Claparède; nel 1921 uno dei tre fondatori della Ligue
internationale pour l'education nouvelle (Lega internazionale delle
scuole nuove) redigendo in gran parte i trenta punti della dichiarazione
programmatica e l'anno seguente (fino al 1931) redattore capo della rivista Pour
l'ere nouvelle, suo organo; nel 1925 fondatore, con Pierre Bovet, del
Bureau international de l'education che divenne il punto di
riferimento internazionale dell'attivismo pedagogico. Ferrière fu mediatore
ed interprete delle diverse concezioni che avevano ispirato i movimenti delle «scuole
nuove», presentandole in modo unitario mediante il termine di scuole attive che
riprese da Pierre Bovet e che ebbe poi larga diffusione. Considerato il bambino
come essere attivo che ricostruisce le tappe dell'evoluzione dell'umanità,
il Ferrière finisce per far coincidere questa evoluzione con una progressiva
conquista delle «leggi dello spirito» e della «ragione universale». Tale
processo acquista in lui un valore ed un significato sempre più spiccatamente
religioso e questo da al suo pensiero, nelle ultime fasi della vita, un
orientamento spiritualistico e di sostanziale adesione anche alla religione
rivelata. Tra i suoi numerosi
scritti, quasi tutti tradotti anche in italiano: Transformons
l'école (1920); L'école active (1920);
L'éducation dans la famille (1920);
L'autonomie des écoliers (1921);
L'activité spontanée chez l'enfant (1922);
La liberté de l'enfant à l'école active (1928);
L'école sur mesure à la mesure du maître (1931);
Libération de l'homme (1943); Vers
une classification naturelle des types psychologiques (1943);
Mai sons d'enfance de l'après - guerre (1945);
L'Orthogenèse humaine ou L'Ascension vers l'esprit (1960) .
LA
CONCEZIONE DEL FERRIÈRE
La
concezione del Ferrière muove dal riconoscimento dello slancio vitale e
creativo di cui è portatore il fanciullo. La scuola tradizionale ha mortificato
questa creatività inibendo comportamenti e interessi spontanei e misconoscendo
le caratteristiche e i bisogni propri di ogni individuo. La scuola nuova deve
quindi proporsi la piena attivazione delle potenzialità presenti nel fanciullo,
rispettandone le tendenze e promuovendone lo sviluppo psico-fisico secondo
modalità e ritmi individuali. La creatività e gli interessi cosi liberati
consentono anche l'emergenza delle abilità e di conseguenza l'orientamento
professionale. Nell'evoluzione della personalità infantile il Ferrière
riconosce poi il ripetersi delle stesse tappe dell'evoluzione della specie; è
questa la legge bio-genetica per la quale l'ontogenesi ricapitola la
filogenesi. Tale legge deve essere tenuta presente dall'educatore, allo scopo
di comprendere pienamente la natura dei processi psichici che si attuano nei
diversi stadi dello sviluppo della mente infantile, e di promuovere nel modo più
opportuno la formazione libera della personalità.
Quando
si parla di scuola, la gente immagina subito un'aula con tanti banchi, in cui
sono seduti, più o meno composti ed attenti, numerosi fanciulli, ed una
cattedra dalla quale un maestro si fa banditore del verbo della verità e della
scienza: immagina da un lato il prestigio ed il comando, dall'altro la
subordinazione e l'obbedienza; da un lato il sapere senza limiti, dall'altro
le tenebre dell'ignoranza che chiede di essere dissipata; da un lato il
modello, dall'altro le copie che debbono cercare di assomigliargli. E' la
scuola della tradizione, nella quale il maestro semplifica problemi, enuncia
principi, dispone ed impone; la scuola nella quale ci si dimentica della realtà
circostante per tuffarci in un mondo creato dal pensiero; la scuola nella quale
la grammatica, la retorica, l'arte del dire trionfano sul saper fare; la
scuola, infine, in cui ogni discepolo non è che una scialba immagine
dell'altro, non tenendosi conto della sua particolare individualità.
LA NASCITA
E LA DIFFUSIONE DELLA SCUOLA ATTIVA
In
un'accezione larga e generica l'espressione designa l'educazione secondo i
principi della pedagogia idealistica. In senso più ristretto e proprio, (che
traduce quella francese école active, introdotta da Pierre Bovet
e Adolphe Ferrière insieme con quella equivalente école nouvelle)
suole indicare il rinnovamento dei metodi d'insegnamento e
dell'organizzazione scolastica che, dalla fine del secolo 19°, si è venuto
svolgendo nei paesi occidentali, per iniziative sia private che statali; esso
riguarda cioè istituzioni, che pur rifacendosi a diversi indirizzi di pensiero,
tendono a promuovere, nella pratica educativa, la libertà e la spontaneità del
soggetto educando, reagendo decisamente all'intellettualismo e al verbalismo
dell'insegnamento tradizionale. Tale rinnovamento (che negli U.S.A. è più
spesso designato con l'espressione progressive school «scuola progressiva»)
era già avviato nei paesi più avanzati quando lo svizzero
Adolphe Ferrière, allo scopo di coordinare le forze novatrici ed
unificare i principi direttivi, fondò nel 1899 il Bureau international des
ecoles nouvelles (Ufficio internazionale delle scuole nuove), che
durò fino al 1925. Il rapido moltiplicarsi
delle scuole attive in tutto il mondo portò nel 1921, a Calais, in
occasione d'un congresso educativo internazionale, alla fondazione della
Ligue internationale pour l'education nouvelle (Lega internazionale
delle scuole nuove) che iniziò la pubblicazione di tre periodici: The
new era, a Londra, Pour l'ere
nouvelle, a Parigi e Das werdende Zeit
alter a Kohlgraben bei Vacha. Gli
esperimenti di scuola nuova più notevoli sono: C. Reddie, J. H. Badley in
Inghilterra; A. Manjòn in Spagna; C. Freinet in Francia; O. Decroly in Belgio;
M. Boschetti Alberti in Svizzera, che ha avuto, nell'Istituto J.-J. Rousseau
fondato nel 1912 a Ginevra e nell'università della stessa città, i maggiori
centri nel mondo di studi di metodologia e psicologia al servizio delle nuove
realizzazioni educative, oltre che i più fervidi espositori e divulgatori dei
principi di questo movimento (A. Ferrière; P. Bovet; E. Claparède; J. Piaget,
R. Dottrens); E. Lietz, G. Wyneken,
P. Geheeb, G. Kershensteiner in Germania; J. Dewey, W.H. Kilpatrick, C.W.
Washburne, E. Parkhurst negli S.U.A.; Maria Montessori, Rosa e Carolina Agazzi,
L. e A. Franchetti, Giuseppina Pizzigoni in Italia, dove i principî della
scuola attiva furono accolti, con notevole indipendenza e impronta nettamente
idealistica, dalla rivista L'Educazione
nazionale, creata e diretta (1919-33) da Giuseppe Lombardo Radice. Dopo la
seconda guerra mondiale sono sorti in Italia diversi «villaggi del fanciullo»
che sperimentano principî e metodi attivi. Il nuovo metodo da una parte,
seguendo le orme dei classici della pedagogia moderna (Rousseau, Pestazzoli, Fröbel,
ecc.) dà grande importanza al gioco e al lavoro, in cui si rivelano
concretamente le attitudini e si sviluppano e maturano le spontanee originali
energie del fanciullo; dall'altra parte, ricorre ai dati della psicologia
sperimentale ai fini dell'orientamento professionale e della costituzione
della scuola su misura. Il fervido impegno, l'intuito spesso felice, i
risultati pratici raggiunti da questi educatori, compensano largamente le
ingenuità di alcune pregiudiziali metodologiche di carattere naturalistico, che
essi del resto abbandonano nell'effettivo svolgimento del loro compito.
LA SCUOLA ATTIVA
Il
termine scuola
nuova o attiva,
comincia ad essere usato dai primi anni del 1900 per indicare polemicamente il
superamento della scuola tradizionale e negarne il valore educativo. La scuola
tradizionale è una scuola passiva, una scuola, cioè, che obbliga
l'allievo a starsene immobile nel suo banco a subire la lezione cattedratica del
maestro che impartisce dall'alto i suoi insegnamenti. Tutto nella scuola è
indice di questa passività: il banco scolastico dove il corpo è rigidamente
costretto; gli orari e i programmi; i libri di testo, conformi a un
enciclopedismo di bassa lega; il modo di condurre la lezione da parte
dell'insegnante; l'interrogazione basata sulla pedantesca ripetizione di quanto
ha detto l'insegnante o quanto è scritto sul libro, eccetera.
Nella
scuola tradizionale domina la figura dell'insegnante, mentre la scolaresca non
deve far altro che ripetere quanto ascoltato: è una scuola dove prevale l'ETEROEDUCAZIONE.
La vecchia scuola è statica e conservatrice, tendente a riproporre sempre i
soliti principi ritenuti validi in assoluto. Non ispira vitalità ma serve solo
a riproporre e conservare la tradizione. Inoltre, la scuola tradizionale è
INDIVIDUALISTICA, perché si basa sul metodo della competizione e
dell'emulazione, limitando così lo spirito di collaborazione e il lavoro in
comune. Piuttosto che servire alla formazione di un uomo sociale, serve soltanto
a plasmare individui ubbidienti all'autorità, acritici e passivi.
La
scuola nuova invece vuole essere innanzitutto una scuola ATTIVA, una scuola dove
l'ordine non risulti dalla disciplina esteriore, ma dal concorso della volontà
degli alunni che attivamente prendono parte alla formazione, impegnandosi in
attività che li interessano. La nuova scuola è PUEROCENTRICA, cioè si pone
dal punto di vista del fanciullo e non dell' adulto; è il fanciullo che educa
se stesso, mentre l'adulto gli porge l'aiuto necessario per quella che deve
essere una AUTOEDUCAZIONE. Ciò non significa che l'insegnante sia assente o
poco partecipe: al contrario egli assume un ruolo centrale, dovendo convogliare
gli interessi, esaltare le doti individuali, promuovere attività diversificate,
collaborare con le autonome scelte di ricerca degli allievi. E' una scuola che
si basa molto sulle nozioni di psicologia applicate all'età evolutiva cercando
così di adeguare programmi e lezioni alle esigenze di ogni fascia di età.
Inoltre, la scuola attiva accoglie tutte le indicazioni provenienti dalle
correnti della filosofia contemporanea, in special modo quelle che esaltano la
spontaneità e la creatività (neoidealismo e spiritualismo) e che pongono
l'accento sul valore pratico e sociale dell'educazione (pragmatismo
anglo-americano e neopositivismo marxista).
ADOLPHE
FERRIÈRE E LA SCUOLA ATTIVA
Adolphe
Ferrière (1879-1960) è uno dei più illustri rappresentanti della pedagogia
svizzera, oltre che uno dei più convinti assertori della scuola attiva.
Influenzato dalla filosofia di Bergson, dalla pedagogia pragmatista di Dewey e
dagli studi di Decroly, non soltanto operò come vero sperimentatore di metodi
didattici innovativi, ma ebbe anche il merito di saper sistemare teoricamente le
sue scoperte e idee.
L'ideale
della scuola deve essere "l'attività spontanea, personale, creativa",
idea questa non certo nuova e riconducibile ai maggiori pedagogisti classici, i
quali, però, non avevano ancora gli strumenti scientifici (psicologia) per
poter teorizzare pienamente sull'infanzia. La nuova pedagogia avvalendosi quindi
delle ricerche sulla psicologia del bambino "rende giustizia
all'infanzia".
La
scuola deve essere ATTIVA anche nel senso che dà importanza al lavoro, inteso
non come mero lavoro manuale, ma come attività di progettazione e realizzazione
anche intellettuale. Piuttosto che la lezione tradizionale, basata sulla
passività dell'alunno e il protagonismo dell'insegnante, la scuola attiva
prevede che la lezione si strutturi in tre tempi:
1.
RACCOLTA DEI DOCUMENTI: sono gli alunni che compiono ricerche su svariati
argomenti di loro interesse utilizzando non solo i libri ma anche visite nei
luoghi di lavoro o in altre organizzazioni della società.
2.
CLASSIFICAZIONE: le notizie raccolte vengono raccolte in schede e raggruppate
per argomenti secondo modalità che consentano la facile consultazione agli
altri.
3.
ELABORAZIONE: i materiali raccolti vengono confrontati, analizzati e discussi in
gruppo.
L'insegnante
organizza le ricerche in base ad argomenti che tengano conto degli interessi
specifici delle singole età, anche sulla base del principio della "legge
biogenetica" secondo cui lo sviluppo ontogenetico ripete le fasi di quello
filogenetico e, in particolare, che ogni uomo ripercorre nel suo sviluppo le
tappe dello sviluppo dell'umanità. Gli interessi perciò sono gerarchicamente
organizzati in base alle specificità psicologiche e genetiche di ogni periodo
della vita:
I.
Fase degli interessi sensoriali (0-3 anni): la scuola attiva però non
interviene in questa età.
II.
Fase degli interessi sparsi (4-6 anni): compaiono attività tipiche degli
uomini primitivi, attività non finalizzate ad un fine preordinato e attitudine
al gioco.
III.
Fase degli interessi immediati (7-10 anni): a questo punto si sviluppa
molto la curiosità e la scuola deve tenerne conto avviando attività di
esplorazione e ricerca.
IV.
Fase degli interessi speciali concreti (10-12 anni): cominciano gli studi
monografici su argomenti specifici con studio delle singole discipline.
V.
Fase degli interessi astratti semplici (13-15 anni): qui si studiano
tutte le materie secondo i metodi tradizionali.
VI.
Fase degli interessi astratti complessi (15-18 anni): è l'epoca adatta
ad intraprendere studi di filosofia, psicologia, sociologia, diritto ed
economia.
LA SCUOLA
SU MISURA
Espressione
(francese école sur mesure) introdotta da E. Claparède
per designare il sistema di organizzazione scolastica che, al fine di promuovere
le capacità dell'educando, adegua i suoi metodi alle tendenze, ai bisogni, al
naturale processo di sviluppo dell'individuo da educare, così da riuscire
adatta ad ogni singolo studente, anche in una collettività.
I
30 PUNTI DEL B.I.E.N.
1.
La Scuola nuova è un laboratorio di pedagogia. Cerca di esercitare il compito
di un esploratore o di un pioniere rispetto alle scuole di stato, tenendosi al
corrente della psicologia moderna nei mezzi che usa, e dei bisogni della vita
spirituale e materiale negli scopi che pone alla sua attività.
2.
La Scuola nuova è un internato perché soltanto l'influenza totale
dell'ambiente nel quale il bambino si muove e cresce permette di realizzare un
educazione pienamente efficace. Ciò non significa affatto che essa faccia del
sistema del collegio un ideale che debba divenire generale: tutt'altro.
L'influenza naturale della famiglia, se è sana, è in ogni caso preferibile a
quella del migliore internato.
3.
La Scuola nuova è situata in campagna, dato che questa costituisce l'ambiente
naturale del bambino. L'influenza della natura, la possibilità che essa offre
di dedicarsi alle esperienze dei primitivi, i lavori nei campi che permette di
fare, la rendono migliore collaboratrice della cultura fisica e
dell'educazione morale. Ma per la cultura intellettuale e artistica - musei,
conferenze ecc. - è auspicabile che si trovi nelle vicinanze di una città.
4.
La Scuola nuova raggruppa i suoi allievi in case separate, in gruppi dai dieci
ai quindici allievi, che vivono sotto la direzione materiale e morale di un
educatore, coadiuvato da sua moglie o da una collaboratrice. Non bisogna che i
ragazzi siano privati di una influenza femminile adulta, né dell'atmosfera
famigliare che i collegi-caserme non potrebbero offrire loro. D'altra parte un
adulto non può ottenere l'intimità di un bambino ed esercitare su di lui
un'influenza morale continua altro che se non deve occuparsi di troppi bambini
insieme.
5.
La coeducazione dei due sessi, praticata nei collegi e fino alla fine degli
studi, ha dato in tutti i casi in cui ha potuto essere applicata in condizioni
materiali e spirituali favorevoli, risultati morali e intellettuali
incomparabili, tanto che per i maschi che per le femmine. Le anomalie d'ordine
psico-sessuale, cosi disastrose per l'evoluzione morale degli adolescenti,
sono quasi escluse dalle buone scuole coeducative.
6.
La Scuola nuova organizza lavori manuali per tutti gli allievi per un'ora e
mezzo almeno al giorno, di solito dalle 2 alle 4, lavori obbligatori che hanno
un fine educativo e uno scopo d'utilità individuale o collettiva anziché
professionale.
7.
Fra i lavori manuali l'ebanista occupa il primo posto perché sviluppa
l'abilità e la precisione manuale, il senso dell'osservazione esatta, la
sincerità e il dominio di sé. L'agricoltura e l'allevamento di piccoli
animali rientrano nella categoria delle attività ancestrali che ogni bambino
ama e dovrebbe avere l'occasione di esercitare. La conoscenza diretta della
natura vivente serve come preliminare alla conoscenza della natura umana, tanto
organica che spirituale.
8.
Accanto ai lavori imposti, vi sono i lavori liberi che sviluppano i gusti del
bambino, risvegliando il suo spirito inventivo e la sua ingegnosità. Vi è
l'obbligo di scegliere, ma liberta nella scelta sotto il controllo
dell'educatore.
9.
La cultura del corpo è assicurata dalla ginnastica naturale fatta all'aria
libera nudi o almeno a torso nudo, oltre che dai giochi o dagli sport. Tutti i
medici e tutti gli igienisti sono d'accordo nel celebrare l'utilità della
nudità, ma solo dal punto di vista fisico - bagni d'aria e bagni di sole
- ma anche dal punto di vista morale, grazie all'eliminazione delle curiosità
malsane.
10.
I viaggi, a piedi o in bicicletta, con campeggi sotto la tenda e pasti preparati
dai bambini stessi, hanno una parte importante nella Scuola nuova. I viaggi,
occasioni per rinforzarsi fisicamente, per sviluppare la solidarietà e la
cooperazione scambievole, sono preparati in anticipo e servono di sussidio allo
studio.
11.
In materia d'educazione intellettuale, la Scuola nuova cerca di aprire lo
spirito con una cultura generale del raziocinio più che con il far
immagazzinare conoscenze imparate a memoria. Lo spirito critico nasce
dall'applicazione del metodo scientifico: osservazione, ipotesi, verifica,
legge. Un nucleo di materie obbligatorie realizza l'educazione integrale non
come un'istruzione enciclopedica, ma come possibilità di sviluppo, grazie
all'influenza dell'ambiente e dei libri, di tutte le facoltà intellettuali
connaturate al bambino.
12.
La cultura generale va unita a una specializzazione da principio spontanea:
cultura dei gusti preponderanti in ogni bambino, poi viene resa sistematica e
serve a sviluppare gli interessi e le facoltà dell'adolescente in un senso
professionale.
13.
L'insegnamento è basato sui fatti e sulle esperienze. L'acquisto delle
conoscenze risulta da osservazioni personali (visite a fabbriche, a musei, a
istituzioni sociali, lavori manuali, ecc.) o, in mancanza di queste, da
osservazioni altrui raccolte nei libri. La teoria segue in ogni caso la pratica;
non la precede mai.
14.
L'insegnamento è dunque basato anche sull'attività personale del bambino.
Questo presuppone l'associazione più stretta possibile allo studio
intellettuale del disegno e dei lavori manuali più diversi.
15.
L'insegnamento è basato del resto sugli interessi spontanei del bambino; dai
4 ai 6 anni: età degli interessi dispersi o età del giuoco; dai 7 ai 9: età
degli interessi rivolti agli oggetti concreti immediati; dai 10 ai 12: età
degli interessi specializzati concreti, ovvero età delle monografie; dai 13 ai
15: età degli interessi astratti empirici; dai 16 ai 18: età degli interessi
astratti complessi: psicologici, sociali, filosofici. Le attualità della scuola
o del mondo esterno provocano fra i più grandi come fra i più piccoli lezioni
occasionali, e discussioni che hanno una gran parte della scuola nuova.
16.
Il lavoro individuale dell'allievo consiste in una ricerca (nei fatti, nei
libri, nei giornali, ecc.) e in una classificazione (in un quadro logico adatto
alla sua età) di documenti di ogni specie, oltre che in lavori personali e
nella preparazione di conferenze da tenere in classe.
17.
Il lavoro collettivo consiste in uno scambio di documenti particolari e in una
classificazione o elaborazione logica in comune di documenti particolari. I
risultati vengono affidati ad un grande quaderno o a uno schedario, riccamente
illustrato, che è oggetto d'orgoglio per l'allievo e che sostituisce per
lui tutti i manuali scolastici.
18.
Nella Scuola nuova, l'insegnamento propriamente detto è limitato alla mattina
in generale dalle 8 a mezzogiorno. - Nel pomeriggio, per una o due ore,
secondo l'età, dalle 16.30 alle 18 circa, ha luogo lo «studio» personale. I
bambini al di sotto dei 10 anni non hanno compiti da eseguire da soli. Il
tirocinio sistematico del lavoro autonomo è uno degli scopi principali a cui si
tende.
19.
Si studiano poche materie per giorno, uno o due soltanto. La varietà deriva non
dai soggetti trattati, ma dal modo di trattarli, dato che via via si usano modi
diversi d'attività.
20.
Si studiano poche materie il mese o il trimestre. Un sistema di corsi, analogo a
quello che regola il lavoro all'università, permette a ogni allievo di avere
un orario individuale.
21.
L'educazione morale come quella intellettuale deve essere esercitata non dal
di fuori al di dentro, grazie ad un'autorità imposta, ma dal di dentro al di
fuori, grazie all'esperienza e alla pratica graduale del senso critico e della
libertà. Basandosi su questo principio alcune Scuole nuove hanno applicato il
sistema della repubblica scolastica. L'assemblea generale, costituita dal
direttore, dai professori, dagli allievi e talvolta anche dal personale,
costituisce la direzione effettiva della scuola. Il codice delle leggi è
formulata da essa. Le leggi sono i mezzi che tendono a regolare il lavoro della
comunità in vista dei fini che essa persegue. Questo sistema, altamente
educativo quando è realizzabile, presuppone una influenza morale preponderante
del direttore sui capi naturali della piccola repubblica.
22.
In mancanza del sistema democratico integrale, la maggior parte delle Scuole
nuove sono costituite come monarchie costituzionali: gli allievi procedono alle
elezioni dei capi, o prefetti, che hanno una responsabilità sociale ben
definita. Nelle loro attività quotidiane i bambini preferiscono essere diretti
da questi capi piuttosto che dagli adulti. E per i capi le responsabilità che
assumono sono un'alta scuola di civismo.
23.
Le cariche sociali di ogni specie permettono di realizzare un'effettiva
cooperazione. Queste cariche per l'utilità della comunità sono affidate a
tutti i piccoli cittadini a turno.
24.
Le ricompense o sanzioni positive consistono in occasioni offerte agli spiriti
creatori di accrescere la loro facoltà di creazione. Esse si applicano ai
lavori liberi e sviluppano cosi lo spirito di iniziativa. Esposizioni periodiche
dei lavori liberi hanno luogo regolarmente oltre che concorsi manuali,
scientifici o letterari.
25.
Le punizioni o sanzioni negative
sono in diretto rapporto con la colpa commessa. Cioè esse mirano a mettere il
bambino in grado con mezzi adatti di raggiungere meglio nell'avvenire il fine
ritenuto buono che egli ha mal raggiunto o che non ha raggiunto. Si distinguono
le penalità codificate, che si applicano alle piccole mancanze e che vengono
decise dagli allievi stessi, dai trattamenti d'ordine morale, che si applicano
a colpe più gravi che l'adulto tratta come casi psico-patologici con
un'azione diretta a quattrocchi con il colpevole.
26.
L'emulazione ha luogo soprattutto per mezzo del confronto fatto dal bambino
fra il suo lavoro presente e il suo lavoro passato e non esclusivamente con il
confronto del suo lavoro con quelli dei suoi camerati.
27.
La Scuola nuova deve essere un ambiente di bellezza, come ha scritto Ellen Key.
L'ordine ne è la prima condizione, il punto di partenza. L'arte
industriale, che si pratica e da cui si è circondati, conduce all'arte pura,
che è capace di risvegliare nelle nature artistiche i sentimenti più nobili.
28.
La musica collettiva, canto e orchestra, esercita l'influenza più profonda e
più purificatrice in quelli che l'amano e la praticano. Le emozioni che
genera e che contribuiscono a stringere i legami della solidarietà non
dovrebbero venire a mancare a nessun bambino.
29.
L'educazione della coscienza morale consiste principalmente per i bambini in
racconti che provocano in loro reazioni spontanee, veri e propri giudizi di
valore che, ripetendosi e accentuandosi, finiscono per legarli nei riquadri
propri e altrui. E' questo il fine della «lettura della sera» della maggior
parte delle Scuole nuove.
30.
L'educazione della ragione pratica consiste principalmente negli adolescenti
in riflessioni e in studi che vertono sulle leggi naturali del progresso
spirituale, individuale e sociale. La maggior parte delle scuole nuove
mantengono un atteggiamento religioso non confessionale o interconfessionale,
unito alla tolleranza verso i diversi ideali, purchè incarnino uno sforzo in
vista dello sviluppo spirituale dell'uomo.
SCUOLA ALL'APERTO
La
prima grande novità di molte scuole nuove fu l'abolizione della scuola,
intesa come aula banchi e cattedra. Le quattro pareti che tolgono da ogni lato
la visuale al fanciullo, e lo isolano coi compagni dal grande mondo che egli
aspira a conoscere e in cui vorrebbe entrare, sono le complici, e quasi il
simbolo di un' educazione che aveva trascurato per troppo tempo il contatto
della scuola con la vita.
L'ambiente,
quindi, fu l'inizio della ricerca e dell'applicazione di nuovi metodi.
La
prima possibilità e la prima risorsa fu quella di fare del fanciullo il centro
della scuola, ponendolo a contatto con la natura e lasciando che la natura si
incaricasse di sviluppare il suo spirito di osservazione, di secondare la sua
tendenza costruttiva, di farne in sperimentatore che trae dalle sue stesse
esperienze le lezioni che nella scuola comune gli furono quasi sempre dettate
dal maestro.
IL LAVORO NELLA SCUOLA ATTIVA
Nella
scuola attiva vi è la volontà di adeguare la scuola alle mutate condizioni
sociali, e, poiché queste sono principalmente dovute alla rivoluzione operata
dalla scienza nei sistemi e nei metodi di lavoro, è naturale che il lavoro
divenga l'occupazione centrale dell'attività scolastica. Qui non ci si
limita a mostrare l'oggetto di cui si parla: bisogna costruirlo; non a far
vedere una piantina: si deve coltivarla; non a descrivere per esempio, un
animale domestico, ma ad averne cura e ad occuparsi del suo allevamento. Lo
scolaro non dice, bensì «fa», e fa qualche cosa che realmente serve
all'appagamento di un bisogno individuale e sociale. E poiché il lavoro è,
nell'età presente, il risultato di sforzi collettivi, poiché di ogni singolo
lavoro ciascuno non esegue che una piccola porzione, ebbene, anche il lavoro
scolastico sarà il risultato della collaborazione, onde il senso di
responsabilità di tutti e di ciascuno, onde lo spirito di solidarietà e di
fratellanza, che preparano il fanciullo alla vita. In queste scuole di
avanguardia il lavoro è considerato non come semplice preparazione ad un
mestiere, ma come mezzo di sviluppo delle energie mentali e morali latenti nel
fanciullo; non è una materia di insegnamento, ma un metodo con cui insegnare
tutte le materie d'insegnamento.
Riferimenti
bibliografici
NUOVA
ENCICLOPEDIA DEI MAESTRI
Volume I
Sito
internet
http://demarinis.g.tripod.com/pedagogia.htm
Riferimenti
bibliografici citati nel sito:
Lucia
Zani, L'educazione nella storia, Fabbri editori, 1994.
U.
Avalle, E. Cassola, M. Maranzana, Cultura Pedagogica: la storia, Paravia, 1997.
C.
Camillucci, Pedagogia per gli istituti magistrali, Mursia tascabili, 1995
Info e richieste a:
dubladidattica@tin.it
ritorna all' indice filosofia ed educazione