Inviato: lunedì 14 marzo 2005
A: Didaweb Pedagogia
Oggetto: [dw-pedagogia]
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FORMAZIONE DOCENTI: SIAMO ALL'ALTEZZA DEI TEMPI?
di Antonio Limonciello
Ora che da un po' di anni le analisi e le teorie si sono consolidate dovremmo pure cominciare a parlare del nostro ruolo e del nostro destino. Più o meno un anno fa, la CGIL scuola cambiò nome in Federazione Lavoratori della Conoscenza, FLC CGIL.
Non c'è stato un congresso, dunque non conosco i presupposti fondativi, credo, a lume di naso, che non siano ancora sviscerati fino in fondo, ma un'intuizione importante c'è: unificare tutto il mondo del lavoro che si occupa di produrre e trasmettere (permettere apprendimenti) Conoscenza. Perchè questa unificazione è importante? Perché ha in sè un seme strategico.
In questi anni il motore della società postmoderna, ma potremmo ormai dire imperiale, sta diventando sempre più l'insieme di produzione, collocazione sul mercato, controllo e uso della Conoscenza. Dunque i destini dei rapporti di forza sociali si giocano qui. Non si tratta del famoso quanto generico terziario avanzato degli anni 80, ma proprio degli addetti alla "Conoscenza", quindi anche noi che operiamo nelle scuole.
Insomma, e mi trema la voce per la nostra pochezza, noi saremmo la classe operaia del XXI secolo, ovvero quel settore della società capace di guidare gli altri nel contrastare il potere politico e economico e creare quella dialettica che innesca il progresso umano. Se il motore della storia è stato, e ancora sarà, il conflitto che costringe il potere capitalistico a rispondere alla creatività delle moltitudini subalterne, anche noi, come parte di quel settore sociale, abbiamo sulle nostre spalle la responsabilità di esse guida del conflitto strutturale del futuro.
Ma le nostre spalle sono deboli, anzi fragilissime, ecco perché viviamo già un mefitico deficit di democrazia.
Questa transizione epocale che si sta realizzando rischia di diventare una grande tragedia proprio per la sproporzionata asimmetria di potere tra i soggetti oggi in campo, cioè per la nostra debolezza.
Siamo deboli perché gli operatori della conoscenza, cioè la nuova classe operaia, non hanno coscienza del ruolo e soprattutto sono dentro un'organizzazione capitalistica del lavoro molto diversa da quella dei luoghi di produzione dei beni materiale. Questi lavoratori non hanno sistemi organizzativi facilmente identificabili e dunque ordinabili in identità nuove e riconosciute dai soggetti stessi.
In poche parole siamo strutturalmente molto più complicati e impalpabili delle ottocentesche gerarchie dell'organizzazione capitalistica del lavoro. Per questo a noi è richiesto un salto di qualità enorme, un salto che è soprattutto di conoscenza, "coscienza" che ci permette di valicare quegli steccati che la nostra cultura, ancora ottocentesca, ha tirato su e ci impedisce di "vederci e riconoscerci". Se la scuola è oggetto di ristrutturazioni che mettono in gioco centinaia di migliaia di posti di lavoro solo in Italia, se noi facciamo parte di una crisi mondiale dei sistemi scolastici, come possiamo fermarci alle zuffe odierne? Ammesso che ancora adesso noi, in quanto scuola, siamo troppo poco controllabili per le necessità del nascente potere imperiale e ammesso che gli altri sistemi che operano sulla Conoscenza sono più affidabili, più governabili e più subalterni, per questo gli operatori sono venerati e glorificati mentre per noi non si rinnovano neanche i contratti, ebbene, se le cose stanno così, noi che destino ci assegniamo?
Quello di prostrarci anche ai piedi del nuovo potere, dichiararci umili e fedeli servitori, dunque chiedere e sperare di partecipare al banchetto, oppure ci autoassegniamo quello di chi alza la testa per assolvere con dignità il ruolo antagonista che la storia richiede? Come possiamo grufolare nelle nostre misere parzialità di libretti digeriti male, e, soprattutto, branditi come propaganda piuttosto che come Conoscenza, Studio, Ricerca da condividere? Se il pensiero che ci domina, che ci hanno impresso nella carne, dunque diventato nostro codice genetico, è capitalizzare individualmente le nostre conoscenze personali, e professionali, per meglio collocarci sul mercato, come pensiamo di poter svolgere il ruolo a cui la storia ci chiama? Se lo stato delle cose dovesse rimanere questo, noi saremo solo ingranaggi della macchina universale. Avremmo dunque fallito, e saremmo i maggiori responsabili delle future barbarie che si stanno preparando. Questo pensiero che ci hanno introdotto nel corpo, dobbiamo considerarlo un cancro da estirpare, esso ci sta mutando, dobbiamo farlo prima che, mostri tra mostri, noi ci racconteremo la favola delle nostre normalità.
3 anni fa, quando ancora svolgevo un ruolo nel Didaweb, denunciai il processo di involuzione antidemocratica che si stava realizzando con l'avvento al potere del berlusconismo. Il mio discorso di allora fu da molti captato nella sola dimensione dello scontro politico in atto, che certamente c'era (e le cui convinzioni risultano rafforzate dalla tragicità dei fatti), ma non semplicemente di questo si trattava, che ho sempre avuto chiaro come la farsa italiana sarà iscritta nel regno del ridicolo, come spesso ci accade nei libri di storia. No, io volevo dire che c'era e c'è in atto un processo mondiale che necessita di una riduzione della democrazia reale, a fronte del mantenimento di una formale fatta percepire come adeguata e soddisfacente. Oggi è molto più evidente come dagli USA di Bush alla Russia di Putin, dall'Italia di Berlusconi alla Cina capitalcomunista (non so come definirla), tutti spingono verso una riduzione dei diritti delle classi subalterne.
Noi operatori scolastici, piccini piccini, così presi dalla nostre meschinerie, dovremmo far parte di quelli che svelano dove e come il potere ci tiene in pugno, dovremmo essere quelli che denunciano, combattono, e garantiscono, tirando con se tutti gli altri lavoratori, nuovi livelli di democrazia, nuovi diritti di cui abbiamo urgente bisogno, in primo luogo proprio il diritto di accesso alla Conoscenza , sempre, ovunque, senza limiti, e gratuitamente. Noi dovremmo avere coscienza e "contro educare", far crescere la capacità critica e il bisogno di maggiore liberta nelle giovani generazioni.
Questi per me sono i compiti che la storia ci assegna. La storia, che in questi giorni tanto tormenta molti iscritti alla lista, non può essere solo quella già fatta, dovrebbe essere soprattutto quella da fare.
antonio limonciello
moderatore: Francesca Piemonte (franpiem1@virgilio.it)
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