LETTURE INTEGRATIVE/ANTOLOGIA
per un'introduzione ai problemi della didattica e della metodologia della comunicazione educativa
(a cura di Ferdinando Dubla)
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INDICE
ARGOMENTI, TESTI E SCELTA DEI BRANI
Argomento (A): Necessità
del metodo didattico/Metodo come organizzazione e liberazione nel processo
didattico e della comunicazione educativa/Metodo come consonanza e adeguazione
tra soggetti
Testo (T): F.De Bartolomeis: I metodi nella pedagogia
contemporanea, Gianasso, 1958
Scelta dei brani (B): pp.9/24; 31/36; 43/57.
(A): Innovazione-ricerca/ Modelli
didattici delle teorie dell'apprendimento/ La comunicazione didattica
(T): F.Priore: Modelli, strumenti e misure della
didattica contemporanea - Manuale di Pedagogia operativa, Mursia,
1990
(B): pp. 192/196; 80/84; 241/258
(A): Ricerca-sperimentazione e la
didattica come 'scienza'/Contro il formalismo didattico/Teorie dell'apprendimento
e qualità pluralista della didattica
(T): F. Fabbroni: Manuale di didattica generale,
Laterza, 1993 (II ed.)
(B): pp.25/35; 56/60
(A): Stili cognitivi/Sequenze didattiche
(tradizionale-attiva)/Ausubel e l'apprendimento cognitivo
(T): L.Tartarotti: La programmazione didattica-Fasi,
criteri e metodi, Giunti e Lisciani, 1991 (VIII ed.)
(B): pp.61/63; 165/178; 140/143;
(A): Dissonanza cognitiva e principi
di significatività e motivazione/Operazionalizzazione degli obiettivi/Introduzione
alla valutazione, giudizio e diagramma di frequenza
(T): M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI,
1979
(B): pp.177/182; 119/125; 190/195; 207/211.
(A): J. Piaget e lo strutturalismo
(T): J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano,
1971, pp.39/46
(B): Presentazione da: Fornaca-R.Sante Di Pol: La
pedagogia scientifica del '900, Principato, 1981, pp.302/306.
(A): Mastery learning, istruzione
programmata e mezzi didattici
(T): R.Fornaca: Didattica e tecnologie educative
- Storie e testi, Principato, 1990
(B): pp.168/182
(A): Il rinforzo e la programmazione
lineare estrinseca di Skinner
(T): J.Poctzar: L'insegnamento programmato,
Armando, 1972
(B): pp.58/74
(A): Tecniche di insegnamento: esempi
di lezione e comunicazione didattica
(T): M.Mazzotta: Come organizzare la lezione -
Schemi modello di lezione collettiva e di comportamento docente,
Giunti e Lisciani, 1987 (II ed.)
(B): pp.63/78
(A): Fattori costitutivi della comunicazione
/ Comunicazione intenzionale e processo di influenza
(T): P.E.Ricci Bitti/B.Zani: La comunicazione come
processo sociale, Il Mulino, 1983
(B): pp. 17/39; 186/194.
(A): La teoria della dissonanza
e la sua importanza nel rapporto tra fattori cognitivi e strategie didattiche
(T): L.Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva,
Franco Angeli, 1973 (or.1957)
(B): pp. 18/28
(A): Definizioni di comunicazione
e teoria dell'agenda-setting
(T): G.B. Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione,
Stampa alternativa, 1995
(B): pp.5/17; 41/47.
(A): Comportamenti comunicativi
e apprendimento
(T): L. Lumbelli: Psicologia dell'educazione- Comunicare
a scuola, Il Mulino, 1982
(B): pp.108/129; 147/158; 163/179; 221/236
(A): Feed-back estrinseco/intrinseco
e didattica della comunicazione
(T):V.A. Baldassarre-E.M.Brescia: Contesti formativi
e didattica della comunicazione
Ed. dal Sud, 1995 (Bari),
(B):pag.60 e 72
da F.De Bartolomeis: I metodi nella pedagogia contemporanea, Gianasso, 1958,
da: F. Fabbroni: Manuale di didattica generale, Laterza, 1993 (II ed.), pp.25/35; 56/60
Il manuale del Fabbroni, ordinario di Pedagogia all'Università di Bologna, è un manuale 'sui generis', concepito come materiale di riflessione e di sperimentazione operativa insieme. Si muove intorno a due concetti di base, correlati tra di loro: a) la didattica è la nuova frontiera del XXI secolo per quanto riguarda la comunicazione educativa, così come la pedagogia lo è stato per il XX secolo: questo lo si deve principalmente alla crescita-evoluzione delle agenzie di formazione/informazione e allo sviluppo della domanda di educazione permanente/formazione- per- tutta- la- vita; b) la didattica ha ormai statuto epistemologico autonomo, una propria logica formale interna, un linguaggio specifico, metodologie interne, seppure ciò non significa una sua 'ossificazione' e 'formalizzazione' affatto interagente con le possibili variabili intervenienti nella formazione dei soggetti dell'apprendimento. Per questo le teorie dell'apprendimento non sono, per la didattica (nella sua prassi, teoria e pratica operativa) abiti con cui vestire le procedure metodologiche (da quelle derivano queste), ma ogni procedura è contemporaneamente ricerca-azione che utilizza la ricca articolazione delle teorie. La novità più importante dal punto di vista culturale-sovrastrutturale viene individuata da Fabbroni nella nuova conformazione della coscienza ecologista.
da: F.Priore: Modelli, strumenti e misure della didattica contemporanea - Manuale di Pedagogia operativa, Mursia, 1990,
Franco Priore, psicopedagogista, attento studioso della
criteriologia dell'insegnamento di G.Catalfamo, è un teorico
e attivo sperimentatore della comunicazione educativa nella situazione
didattica. Il complesso manuale, da cui sono ricavate le pagine seguenti,
si segnala come un ottimo strumento operativo per chi voglia adeguare la
riflessione teorica tramite l'intervento diretto e gli strumenti matematici
(tra cui, la docimologia e il calcolo probabilistico; egli è stato
collaboratore della cattedra di Logica matematica all'Università
degli Studi di Lecce) per ridefinire gli stessi modelli e orientare la
produzione didattica nel senso di una comunicazione educativa efficace
e rispondente ai bisogni di una società complessa e in via di continua
evoluzione.
Stili cognitivi/Sequenze didattiche
(tradizionale-attiva)/Ausubel e l'apprendimento cognitivo
da: L.Tartarotti: La programmazione didattica-Fasi, criteri e metodi, Giunti e Lisciani, 1991 (VIII ed.),
E' un'opera, questa del Tartarotti, psicopedagogista da
anni impegnato nell'aggiornamento e qualificazione degli insegnanti, consigliabile
per chiunque tenti un approccio alle complesse tematiche della metodologia
didattica e della comunicazione educativa. Un'introduzione che permette
l'orientamento efficace ai temi della programmazione curricolare e ai principali
modelli sperimentali delle tecniche dell'insegnamento. La classificazione
di alcuni tra i maggiori 'stili cognitivi' (dunque grande attenzione all'individualizzazione
dell'insegnamento, secondo la lezione di Dottrens, che permette una maggiore
qualità dell'istruzione) e le sequenze nel processo didattico, esemplificazione
degli algoritmi secondo l'insegnamento programmato, permettono di comprendere
come le strategie applicative nella comunicazione didattica vengano proprio
da uno sforzo di consonanza tra logica interna dei contenuti e soggettività
creatrice dei principali protagonisti del processo: che, in quanto tale,
è relazione/scambio, tramite le figure dei formatori (necessità
di essere inter-pluri-multidisciplinari) e infine, reale e vera comunicazione.
L'insufficienza dei modelli tradizionali (che non erano veri e propri modelli,
in quanto carenti di riflessione previsionale e anticipatrice), è
palesata in modo chiaro e incontrovertibile.
Importante il ruolo di Ausubel nell'individuazione dei
processi dell'apprendimento cognitivo di tipo significativo: attraverso
il modello che cerca di interpretare le modalità di acquisizione
e assimilazione del materiale d'apprendimento e la rilevanza dell'apprendimento
significativo per scoperta, si può giungere a focalizzare i diversi
stili cognitivi dei discenti in base a princìpi interpretativi delle
modalità apprenditive (come la riduzione e semplificazione, la coerenza
interna, ad es.) e modulare così le più appropriate forme
di comunicazione formativa.
da: M.Pellerey: Progettazione didattica, SEI, 1979
Il testo del Pellerey si segnala come manuale specifico: introduzione generale ai titoli della didattica e della comunicazione educativa, attenzione specifica all'aspetto delle strategie applicative come insieme di metodi di relazione tra i processi cognitivi dei soggetti dell'apprendimento ed epistemologie logiche dei contenuti disciplinari. I brani scelti riguardano soprattutto la teoria di Leon Festinger (1957) sulla dissonanza cognitiva, ma specie la sua reale traducibilità operativa da parte del Pellerey (tramite i principi di significatività e motivazione) e quindi fuori dalle strette maglie del gestaltismo; poi l''operazionalizzazione' degli obiettivi didattici di apprendimento, che riesce a sfuggire anche alle strettoie dell'impianto comportamentista di origine statunitense (Mager, 1970) perchè riproposta in termini sia di 'concretezza-performance(prestazione operativa)- puntuale e rigorosa verificabilità', sia in termini di più ampie 'operazioni mentali-intellettive-psicologiche' che vanno poi a strutturare la stessa qualità dei tipi di apprendimento e dunque rendono possibile l'uso delle tassonomie in chiave non meccanica e formale. Infine, il problema della valutazione: come sfuggire alle soggettive discrezionalità arbitrarie (rese più possibili e frequenti dall'aleatorietà di obiettivi didattici astratti) senza incappare nella mediocritas rituale consegnataci dalla curva probabilistica di frequenza (la curva di Gauss). Tutti temi-chiave inerenti la sostanza stessa delle strategie didattiche, ma più complessivamente delle strategie educativo-formative, delle strategie della comunicazione efficace perchè mirante all'autovalutazione e all'apprendimento significativo di tipo creativo (problem-solving, come impostazione corretta-elaborazione e riflessione logico/deduttiva-soluzione personale dei problemi), dunque alla capacità di transfer, un trasferimento, tramite la comunicazione, delle conoscenze come dei valori, in ambito operativo e relazionale e che presuppone sempre la maturazione generalizzatrice e l'astrazione logica.
da: J.Piaget: Lo strutturalismo, Milano, 1971, pp.39/46
La conoscenza delle opere di Jean Piaget non è
solo indispensabile per lo studio della psicologia dell'età evolutiva
e dell'epistemologia genetica, di cui è il maestro indiscusso, ma
anche per chiunque voglia approcciare un'analisi seria, in termini di strutture,
dei processi cognitivi in relazione ai metodi di comunicazione didattica
e alle strategie operative. Per comprendere meglio le pagine che seguono,
scritte dallo psicologo svizzero (1896/1980), ricordiamo che l'opera Lo
strutturalismo è del 1968 (tr.it. 1971): razionalista convinto,
Piaget lottò tutta la vita contro l'empirismo filosofico e l'associazionismo
psicologico (contrapponendosi pertanto anche al comportamentismo) sulla
base del principio che l'attività cognitiva costituisce una struttura
estremamente complessa, irriducibile alle leggi della natura fisica e biologica
di tipo elementare. La differenza qualitativa fra il pensiero adulto e
il pensiero infantile, l'esistenza di fasi differenziate, cicli-tappe nello
sviluppo apprenditivo, presuppongono un'attenzione specifica alle modalità
stesse dell'apprendimento umano come capacità di costruire strutture,
insistendo sui concetti di relazionalità ed autoregolazione, a partire
dalla totalità come sistema (Gestalten). Si comprende come lo strutturalismo
piagettiano sia un efficace strumento analitico delle tre principali strutture
coinvolte nella formazione educativa: la struttura logica oggettiva dei
contenuti di conoscenza, la struttura cognitiva soggettiva e la struttura
che, attraverso il metodo, deve metterle in relazione: la struttura della
comunicazione.
Mastery learning, istruzione programmata
e mezzi didattici
da:R.Fornaca: Didattica e tecnologie educative -
Storie e testi, Principato, 1990 pp.168/182
da J.Poctzar: L'insegnamento programmato,
Armando, 1972 pp.58/74
Il testo di J.Poctzar, consulente nel progetto sperimentale
dell'Unesco per lo sviluppo dell'insegnamento programmato in Africa centrale
(Scuola normale superiore di Brazzaville, in Congo), è la messa
a punto della relazione esposta dall'autore nella riunione degli esperti
che si è tenuta a Varna (Bulgaria) dal 19 al 29 agosto 1968 per
discutere sulle teorie e la pratica sperimentale dell'insegnamento programmato.
Insegnamento programmato che, come risulta dalle pagine che seguono, deve
molti dei suoi modelli a Skinner (1904/1990) e alla sua ipotesi di programmazione
lineare estrinseca, cioè a quel tipo di programmazione che può
essere attuata in particolari condizioni e con precise caratteristiche:
la frantumazione del programma in piccoli item che riducano al minimo la
possibilità di errori e inducano alla produzione di esperienze positive
nell'ambito dell'appprendimento (tale è nella sua essenza il rinforzo,
R+); un alto 'tasso' di insegnamento individualizzato; un suo uso non esclusivo
nell'ambito della programmazione, ma comunque importante in alcuni punti
di essa, quando cioè l'errore si presenta come forte inibizione
dell'apprendimento significativo; una scarsa flessibilità dei contenuti
(dunque principalmente adattabile a contenuti di base e/o meramente tecnico-operativi).
da: M.Mazzotta: Come organizzare la lezione - Schemi
modello di lezione collettiva e di comportamento docente,
Giunti e Lisciani, 1987 (II ed.)pp.63/78
Maurizio Mazzotta, esperto in strategie della comunicazione
didattica (I° premio nazionale di didattica - Recoaro, 1970), dimostra
abbastanza palesemente, nella sua opera e nelle pagine che seguono, che
la comunicazione formativa è il cuore della didattica, così
come la metodologia didattica è il cuore di ogni tecnica di comunicazione
educativa. E' anche sintomatico che l'autore citi l'opera di De Bartolomeis
del 1958, a rilevare la distanza con le tecniche puramente oratorie
della 'bella lezione'. La comunicazione educativa, efficace e persuasiva,
o meglio, che voglia tradursi efficacemente e persuasivamente in crescita
formativa dei soggetti che apprendono, è sempre traducibile in insegnamento,
cioè è apprendimento guidato. Semmai comunicazione rimanda
e deve sempre più rimandare allo scambio/relazione tra soggetti
per un comune itinerario di crescita, individuale e collettiva, traslato
dal rapporto, sempre difficile ma sempre ricco se inteso come mutua interrelazione
(da non confondere con l'adeguazione all'incontrario, l'assecondare le
tendenze senza nè interpretarle nè 'gestirle', che alla fine
nulla si scambierebbe) docente/discente. M.Mazzotta prende in esame la
lezione collettiva, cioè quella peculiare forma di lezione nell'aula
scolastica classica che prevede l'insegnante-guida che parla e/o, appunto,
'gestisce', e gli allievi in posizione di 'riceventi' la comunicazione,
ma che possono essere favoriti nei loro processi attivi. Per questo la
'lezione collettiva', vituperata fin che si vuole dalla pedagogia contemporanea,
che però rischia ad ogni momento l'astrattismo insussistente, che
non è mai realmente progressista, può essere analizzata in
tutte le sue diverse forme, da quelle della didattica eterodiretta (la
lezione-monologo, il monologo+discussione, la lezione-dialogo della maieutica
socratica... senza essere Socrate) a quella della didattica dell'istruzione
programmata che si deve svolgere in situazioni classiche e accademiche:
la 'lezione centrata sulla discussione' e la 'lezione basata sul rinforzo',
con una netta predilezione per quest'ultima forma.
Fattori costitutivi della comunicazione
/ Comunicazione intenzionale e processo di influenza
da: P.E.Ricci Bitti/B.Zani: La comunicazione come
processo sociale,
Il Mulino, 1983 pp. 17/39; 186/194.
La comunicazione come modalità insopprimibile dell'attività umana, è connessa con i processi di socializzazione, in quanto il comunicare è espressione dello scambio, della relazione necessaria nell'attività sociale. Un'attività che permette la trasmissione delle competenze e dei saperi ed è alla base dell'evoluzione e della crescita dei soggetti. I due studiosi della comunicazione, entrambi docenti all'Università di Bologna, si soffermano sull'interazione interpersonale per identificare i fattori che stanno a fondamento dell'atto comunicativo: si passa, così, dall'analisi del modello della Slama-Cazacu (1973) alla riproposizione del concetto di role-taking del Mead (1934), in modo da classificare poi più agevolmente le tante possibilità insite nello scambio comunicativo. La spontaneità con cui si giunge alla generazione dell'atto del comunicare, implica una riflessione sull' intenzionalità delle comunicazioni di tipo complesso. Fra queste, vi è senza dubbio la comunicazione formativa, intenzionale perchè educativa (volta ad un fine), la comunicazione didattica: ma l'intenzionalità, che è processo di influenza solo se sollecita il massimo della capacità di decodificazione (percezione-interpretazione-selezione-organizzazione) da parte dei soggetti dell'apprendimento, ed è dunque influenza reciproca, non deve azzerare affatto la spontaneità dell'atto. La spontaneità dell'atto deve trasformarsi, nel processo didattico, in creatività e liberazione dei soggetti implicati. Conoscere dunque il potere persuasivo della parola, le regole e le procedure conversazionali, lo stesso modello delle abilità sociali di Argyle (1969), permette di scegliere le modalità sociali più efficaci per trasmettere una capacità non formale di scelta dei propri codici e dei propri messaggi. La persuasività, per quanto intenzionale, si raggiunge solo con lo stimolo alla motivazione intrinseca e all'autoapprendimento; appena la comunicazione smette di strutturarsi come discosività dialogica, azzera la capacità di elaborazione, di parola o di gesto di uno degli interlocutori e perde la sua natura di scambio e tutta la sua efficacia formativa: dunque è nulla dal punto di vista pedagogico.
La teoria della dissonanza e la
sua importanza nel rapporto tra fattori cognitivi e strategie didattiche
da: L. Festinger: Teoria della dissonanza cognitiva,
Franco Angeli, 1973( or.1957) pp. 18/28
La teoria della dissonanza cognitiva di Leòn Festinger
è un impianto complesso di elaborazione autonoma, va inquadrata
nell'ambito più complessivo della psicologia Gestalt riguardante
i processi di apprendimento, ma può essere utilizzata anche nel
campo d'indagine sulla comunicazione formativa e sul rapporto tra fattori
cognitivi e l'applicazione delle strategie didattiche. Infatti, se si parte
dall'assunto che l'accrescimento di conoscenza umana è possibile
solo con duro sforzo e sacrificio, che nulla di significativo è
possibile ritenere se ciò non è il risultato di una 'pressione'
sugli elementi cognitivi, la teoria della dissonanza ci informa che la
stessa non è elemento puro di negazione, ma di crisi produttiva
quando non necessaria. Gli elementi di apprendimento nuovi che entrano
nella struttura cognitiva, modificano la stessa a seconda del 'peso specifico'
che assume la dissonanza, il suo spettro di ampiezza, la sua 'banda di
oscillazione' (troppo familiare=automatismo insignificante; troppo distante=resistenza
assoluta al cambiamento come processo oggettivo). Ma proprio perchè
la contraddizione dialettica è alla base dei processi della realtà
materiale, la contraddizione dialettica negativo/positivo proprio della
dissonanza cognitiva, permette la continua evoluzione dell'apprendimento
significativo quando si rende lo sforzo cognitivo 'sostenibile' pur con
il 'dolore della conoscenza'. La 'sostenibilità' della dissonanza,
nel campo della comunicazione didattica, è obiettivo del metodo
di insegnamento: obiettivo che riguarda la qualità dell'apprendimento
e i tipi di apprendimento attivati. Per questo il metodo è soprattutto
consonanza, adeguazione mai passiva tra soggetti, tramite i principi di
contiguità e significatività, il trovare continuamente, nelle
strategie operative, la 'banda di oscillazione' per produrre e superare
il più agevolmente possibile la dissonanza cognitiva. La comunicazione
educativa si arricchisce così di una maggiore consapevolezza: il
superamento dialettico necessario delle contraddizioni (esterne/interne)
in una sintesi superiore che contiene elementi di apprendimento quantitativamente
e qualitativamente maggiori di prima, in una struttura cognitiva che arricchisce
sempre più la propria capacità di generalizzazione logica
e transfer.
da G.B.Fatelli/S.Bentivegna: Teorie della comunicazione,
Stampa Alternativa, 1995
[Fatelli: I paradigmi della comunicazione,
pp.5/17; S.Bentivegna: Teorie dei media nella società contemporanea,
pp.41/47, in
AA.VV.: La comunicazione, a cura di M.Morcellini
e A.Abruzzese]
In questo agile volumetto sono affrontati alcuni dei più
importanti temi connessi alla comunicazione interpersonale e alla comunicazione
persuasiva (o come processo di influenza) veicolata dai media. G.B.Fatelli
parte dalla ricerca della definizione stessa di comunicazione (scambio/relazione
fra soggetti), dimostrando come possano essere diverse (e/o similari) in
funzione delle teorie della comunicazione che le supportano. Se possiamo
estrapolare, ogni definizione rimanda ad un concetto-chiave e a una specifica
teoria, secondo questo schema:
1.1. Comunicazione come trasferimento di proprietà
- Teorie neo-empiriste e behavioriste classiche;
1.2. Comunicazione come processo di influenza - Teorie
sociobiologiche;
1.3. Comunicazione come scambio di valori - Teorie strutturaliste;
1.4. Comunicazione come trasmissione informazionale -
Teorie matematiche;
1.5. Comunicazione come condivisione di significati -
Teorie teleologiche;
1.6. Comunicazione come interazione sociale - Teorie
sociologiche.
La comunicazione didattica, in quanto formativo-educativa,
deve poter passare da una tradizione sedimentata negli anni (1.1/1.2 e
in particolare, si veda la comunicazione con finalità di educazione
religioso-dottrinaria, 1.5) a una capacità di contribuire a costruire
le strutture logiche (1.3), a interpretare messaggi in una mole sempre
crescente e indistinta di informazioni (1.4), come insegnamento alla scelta
libera e consapevole della propria identità sociale (1.6).
Proprio a quest'ultimo riguardo sono interessanti le
pagine della Bentivegna sulla teoria dell'agenda-setting, anticipata nei
suoi temi da B.C. Cohen (1963), proposta più compiutamente da E.F.Shaw
(1979), in quanto contribuiscono ad attualizzare una riflessione che aiuta
a comprendere la comunicazione persuasiva e/o come processo di influenza,
come una comunicazione che non mira al condizionamento operante o classico
(com'è sempre di più nell'era del 'villaggio globale' la
comunicazione mediatica) ma come comunicazione che riesce, tramite una
coscienza sempre più accentuata dei soggetti, sottoposti all'influenza,
del proprio ruolo sociale (qualunque esso sia), a sollecitare un personale
processo di decodifica alla fonte e della fonte, che poi può trovare
condivisione collettiva. Ci sembra che l'accezione di comunicazione didattica
non possa fare a meno, con il crescere della pressione mediatica, di definirsi
ancora una volta mediante le tipologie della fonte oltre che di quelle
(che hanno finora occupato proficuamente un maggiore spazio nelle teorie
didattiche contemporanee) del ricevente, nel caso i soggetti dell'apprendimento.
Comportamenti comunicativi e apprendimento
da L.Lumbelli: Psicologia dell'educazione-Comunicare
a scuola,
Il Mulino, 1982
Lucia Lumbelli, docente di Pedagogia e una delle più
attive ricercatrici italiane intorno al tema delle modalità comunicative
riferite all'insegnamento, ai processi di apprendimento e in generale alla
formazione educativa, in questo testo cerca di focalizzare i contributi
teorici e sperimentali più rilevanti che dalla psicologia dell'educazione
possono essere ripresi al fine di rendere più saldo il rapporto
tra comunicazione educativa/comunicazione didattica [riferita al docente]/processi
cognitivi e apprendimento [modalità del comportamento comunicativo
dell'allievo]. E' dunque comprensibile che il contributo del testo divenga
decisivo per l'interpretazione di alcune categorie-chiave della didattica
e della metodologia della comunicazione formativa:
- Comunicazione come rinforzo
- Comunicazione come feed-back
- Comunicazione docente [esporre, chiarire, spiegare]
1. Comunicazione come rinforzo (o 'rafforzamento'):
quanti tipi di rinforzo esistono? Il contributo del neocomportamentismo,
pur fondamentale, non rischia di rinsecchire la categoria ad un processo
di verifica troppo meccanico e, al fine, tipico di una comunicazione autoritaria?
E' evidente che il comportamento comunicativo-docente deve tener
conto e sollecitare i rafforzatori intrinseci, sociali, tenendo conto della
particolare intensità dell'azione rinforzante delle dimostrazioni
di affetto. E come agisce., al riguardo, l''effetto Rosenthal/Jacobson'?
[pp.108/129]
2. Comunicazione come feed-back :
Come per la categoria di 'rinforzo', anche quella di
feed-back ha bisogno di interpretazioni meno meccaniciste, se vuole essere
utilizzata in funzione dell'allievo e dei suoi processi cognitivi. Si andrà
allora dal feed-back come elemento di intervento sulla dissonanza-discrepanza
dei processi di apprendimento nel cognitivismo, all'utilizzo nelle programmazioni
skinneriane (lineari) e ramificate (Crowder), per giungere ad un'analisi
convincente del feed-back come attenzione , attenzione che non può
nè deve provocare ansia, l'ansia tipica del giudizio, quindi attenzione
non valutativa, così come previsto dall'intervento 'a specchio'
o 'a riflesso' di Rogers (cfr. Libertà nell'apprendimento, 1969,
tr.it. 1973), di modo che anche la didattica e la comunicazione formativa
possano giovarsi dei risultati più interessanti della psicologia
relazionale, applicata naturalmente in modo creativo a contesti didattici
operativi.
[pp.147/158; 163/179]
3. Comunicazione docente:
v'è differenza tra l'esporre, il chiarire e lo
spiegare? In effetti, nei luoghi comuni (anche linguistici) propri del
lavoro routinario scolastico, le differenze, anche rilevanti, scompaiono.
Un altro degli ottimi contributi della Lumbelli è quello di provare
che non v'è ovvietà nè dev'esservi nel comportamento
comunicativo docente: ecco perchè la riflessione sugli aspetti più
caratterizzanti di questo comportamento, diventa decisiva per mettersi
continuamente in discussione, per verificare, tramite i risultati - ma
anche sui parametri delle interazioni, cognitive e psicologiche, fra educatore/educando
- se il proprio ruolo di formatori assume la valenza straordinariamente
positiva di programmatori, facilitatori dell'apprendimento mai banali e
stimolatori sensibili alla partecipazione attiva, vere guide per l'apprendimento
significativo, per un processo di influenza della comunicazione formativa
di tipo efficace e che solleciti al costante aggiornamento, alla costante
autoeducazione, per-tutta-la-vita.
[pp.221/236]
Feed-back estrinseco/intrinseco e didattica della comunicazione
V.A. Baldassarre-E.M.Brescia: Contesti formativi
e didattica della comunicazione
Ed. dal Sud, 1995 (Bari), pag.60 e 72
· La tendenza a trasformare il feed back da estrinseco
a intrinseco, deve costituire impegno costante dei formatori nella strutturazione
di una comunicazione di tipo efficace e persuasivo (relazione di assertività).
Il feed-back intrinseco, infatti, è quello che permette il processo
di autocorrezione e autovalutazione, itinerario che deve condurre all'autonomia
dei soggetti dell'apprendimento.
- Problematicità e multifattorialità, inoltre,
fanno pienamente intendere, dal brano scritto dal prof. Baldassarre, docente
all'Università degli Studi di Bari e E.M. Brescia, come il processo
apprenditivo sia processo da intendersi dialetticamente, innanzitutto nel
senso dell'adozione di un sostenibile sforzo cognitivo (momento della contraddizione)
che solo può portare a risultati ottimali di transfer e ritenzione.
Può affermarsi che, per la strutturazione di una
comunicazione formativa efficace e persuasiva, che si sostanzi come processo
di influenza, è necessario:
a) che si adotti in via preventiva il 'role-taking',
in sede di programmazione e nella scelta metodologica;
b) si favorisca il passaggio dal feed-back estrinseco
al feed-back intrinseco, tendenzialmente in direzione di un apprendimento
significativo (autovalutazione-autoapprendimento);
c) la scelta del codice sia fondamentalmente la scelta
del livello lingustico adeguato nella comunicazione verbale, né
troppo familiare né troppo distante dalla matrice cognitiva dell'allievo
e dal suo personale codice lingiustico, sia generale che tecnico-specialistico
(prerequisiti).
"(..) il circuito di feed-back (è) un processo
consapevole, un processo, cioè, nel quale il soggetto decide di
avviare un'azione, quale può essere l'esecuzione di un esercizio,
la risoluzione di un problema, ed alla conclusione esaminare se il risultato
sia correto o errato. Nella situazione educativo-didattica, però,
i concetti di corettezza o di errore non vengono riferiti, nella maggior
parte delle situazioni, ad una adeguateza o inadeguatezza alle intenzioni
del soggetto stesso, quanto dal punto di vista di criteri per lo più
estrinseci alla mente del soggetto stesso.
In altri termini, il soggetto viene semplicemente
informato, in una qualche maniera, se il risultato è corretto o
errato. La seconda condizione è che, in situazione educativo-didattica,
il feedback provenga, come in effetti il più delle volte proviene,
dall'esterno rispetto al sistema del soggeto. Infatti, se riducessimo il
feedback al ricevere informazioni sui risultati dell'azione, tali informazioni
potrebbero essere fornite da un'altra persona (l'insegnante o chi per lui),
che comunica al soggetto se sia riuscita o no, se abbia risposto giusto
oppure no. Le due condizioni espresse e riferite alla situazione educativo-didattica
ci chiariscono innanzitutto, la distinzione tra feedback intrinseco e feedback
estrinseco. Il primo è possibile solo a condizioe che il soggetto
sia capace di autovalutarsi, di decidere, cioè, da solo se il risultato
della sua azione sia correto o errato benchè in possesso di uno
standard al quale riferire l'informazione sui risultati raggiunti. Qualora,
invece, si trovi a livelli evolutivi inferiori rispetto all'abilità
presa in considerazione, diventa inevitabile ricorrere alla valutazione
esterna, cui corrisponde il cosiddetto feedback estrinseco. E' evidente
che solo il concetto di feedback intrinseco può, in qualche misura,
conciliarsi con l'approccio teorico grazie al quale il concetto di feedback
è stato introdotto nella ricerca psicopedagogica."
"Tutto questo mette in evidenza come la comunicazione
si presenti con caratteristiche di problematicità e di multifattorialità.
Né ci soddisfa lo schema della comunicazione
che si limita a collegare razionalmente e ciberneticamente emittente e
ricevente tramite un canale che consente il transito del messaggio e il
feed back di controllo. Occorre tener conto dei presupposti pregiudiziali,
degli obbiettivi, della situazione/contesto, del codice e di tutto quanto
razionale, nonché di irrazionale, è in gioco nel processo
di comunicazione. Sappiamo bene che le teorie che di fronte a tale complessità
di elementi sono state costruite tendono a porre in evidenza il primato
ora di questo, ora di altro fattore e che tra esse ve ne sono alcune che
focalizzano l'attenzione sul messaggio svalutando il soggetto, come quella
razionalistica, come la teoria dell'informazione, quella strutturalista,
quella comportamentista, la teoria analitica, quella operazionale e teorie
che, invece, sono centrate sul soggetto come tutte quelle che prendono
in considerazione la comunicazione didattica e la comunicazione educativa.
Queste ultime, infatti, non possono fare a meno di fare riferimento immediato
e primario al soggetto, perché tanto il processo di istruzione che
rappresenta l'oggetto di attenzione della comunicazione didattica quanto
l'educazione, che è il punto focale della comunicazione educativa
sono pedagogicamente legittimate solo in quanto sono finalizzate allo sviluppo
del soggetto in quanto persona considerata nella sua totalità e
unitarietà."
Info e richieste a:
dubladidattica@tin.it
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