INTEGRAZIONI PEDAGOGIA ITALIANA
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ERNESTO CODIGNOLA:
Il problema del metodo didattico e giustificazione dell'esigenza metodica. Dall'analisi del testo "Avviamento allo studio della pedagogia (1938)"
(a cura del gruppo di lavoro corso I.MRS,
novembre 2001)
Direttore
di collane scientifiche e di riviste come “Levana”, “La nuova scuola
italiana”, “Scuola e città”, fu tra i fondatori della casa editrice “La
Nuova Italia”. Le sue opere principali sono: “La pedagogia rivoluzionaria”
(1919); “Educatori moderni” (1926); “Le scuole nuove e i loro problemi”
(1946).
Nel
1923 collaborò con Giovanni GENTILE alla nota riforma scolastica. Il CODIGNOLA
riprese proprio il pensiero filosofico di quest’ultimo: l’educazione è
sviluppo, libertà, creazione; il rapporto tra maestro e scolaro è dialettico.
Lo
spirito è libertà, sviluppo, autocoscienza, e la pedagogia deve tornare alla
filosofia. Tutta
la vita è educazione. Maestro e scolaro si identificano nell’atto
educativo. Contrapposizioni ingiustificate:
-
natura - cultura;
-
persona - società;
-
autorità - libertà;
L’istruzione
è disciplina, l’educazione processo storico. L’essenza dell’uomo è
spiritualità che sfugge alle classificazioni. La didattica è atto,
insegnamento, forma del sapere: arte religione e filosofia. Libertà di
insegnamento, tradizione culturale, selezione scolastica.
Secondo
CODIGNOLA la preparazione degli insegnanti doveva tendere ad alimentare una fede
viva nel pensiero,
pertanto la scuola normale (che preparava i futuri docenti) doveva trasformarsi
in “Ginnasio - Liceo Magistrale” basato su studi di carattere classico e
filosofico, linfa che alimenta quella fede viva di cui abbiamo fatto cenno
precedentemente. CODIGNOLA si configura come pensatore che ha anticipato delle
idee innovative in campo pedagogico: dopo trent’anni l’istituto Magistrale
si trasformerà in Liceo Pedagogico; il modello di “scuola
- città Pestalozzi” che fondò a Firenze si può ritenere un modello
scolastico ancora oggi all’avanguardia.
Si
tratta di un vero esperimento di scuola attiva in cui, parallelamente alle
attività didattiche si svolgeranno attività particolari di partecipazione
diretta degli alunni alla vita, attraverso la strutturazione della scuola come
una mini città con occupazioni, problemi, relazioni. Purtroppo l’esperienza
non ebbe seguito ma restò circoscritta all’esperimento fiorentino.
CODIGNOLA cerca le coordinate dell’efficacia dell’educazione e
ritiene che essa sia:
à
nel valore della concezione della vita che l’educatore ha;
à
nella conoscenza profonda dell’oggetto di insegnamento;
à
nel possedere un orientamento
filosofico, nella capacità, cioè di vedere chiaramente nei problemi
alla cui soluzione deve avviare gli altri. Si tratta di una coerenza
interiore, di una fede di cui è
deficitaria la scuola moderna rispetto a quella passata che almeno ha un
orientamento religioso.
Ma come si formano queste variabili che devono caratterizzare il docente?
Siamo di fronte ad un problema di carattere filosofico: la pedagogia
che è una forma di fare che
chiamiamo educare è una scienza
filosofica, è un aspetto di indagine della filosofia.
La
filosofia nel tempo diventa autocoscienza critica e sistematica della realtà come SPIRITO.
à
I presocratici lo cercano in qualcosa di materiale (acqua, aria e
fuoco) solo;
à
ANASSAGORA
sostenne che la realtà è retta da una intelligenza.
à
PLATONE
crede in un mondo ideale al di fuori dei nostri sensi.
à
ARISTOTELE
afferma che oggetto di scienza è il non sensibile (ciò che non possiamo
conoscere con i sensi), ma l’idea, l’universale è la forma che è nella
materia.
à
Stoici
ed epicurei non cercarono più la
verità ma la felicità preparando la strada al Cristianesimo secondo cui
la verità si trova nel mondo dello spirito;
à
Nel Medio Evo la filosofia, affermando che Dio crea la realtà, si
impegna nella ricerca degli attributi di Dio.
à
La filosofia scolastica cerca di collegare la vita dello spirito alla
vita del mondo.
à
Nel Rinascimento la natura è
al centro del pensiero filosofico. La convinzione che la natura si possa
indagare le scienze fisico - matematiche nel 1600.
à
KANT
si chiede come si possa conoscere a
priori cioè senza fare esperienza con i sensi; secondo lui la fonte della
conoscenza è una conoscenza generale, l’io
trascendentale. KANT afferma che la natura, se la si vuol conoscere è
libertà, autonomia, soggettività.
Da questa affermazione:
l'idealismo
intenderà che il mondo oggettivo non è qualcosa di estraneo al soggetto ma è
un momento del processo in cui lo spirito prende coscienza di sè. Secondo Hegel
(il più grande degli idealisti) la filosofia è "il processo
attraverso cui il pensiero scopre se stesso".
Da qui si orienta: "la
filosofia moderna: non è più filosofia dell'essere, dell'oggetto, ma filosofia
della mente, del soggetto. Lo spirito è attività creatrice, quindi la
filosofia è consapevolezza di questa attività".
ESIGENZA
DEL METODO
Quali principi devono guidare l’insegnamento?
Questa
è stata la preoccupazione dei pedagogisti fin dal 1600 quando le ricerche sui
nuovi metodi scientifici di fisica e matematica avevano spinto a ricercare un metodo
naturale che indicasse
Le
regole della didattica devono derivare dall’intelletto, dalla memoria, dai
sensi, dall’intero uomo in definitiva e dalle lingue, dalle arti e dalle
scienze.
La
preoccupazione del metodo investe i primi organizzatori di Istituti Magistrali
che pensano di preparare i futuri insegnanti con un tirocinio didattico -
professionale.
LAKANAL,
nella sua relazione che accompagnava la legge di istituzione a Parigi della
prima scuola normale, diceva che “non
si sarebbero insegnate le scienze ma l’arte di insegnare”, in modo
tale che gli alunni uscendo sarebbero stati uomini istruiti e capaci di
istruire: solo così si sarebbe avuta unitarietà di metodo in tutta la Francia.
LAKANAL
come altri studiosi di indirizzo cartesiano credevano che saper condurre
l’intelletto degli altri come il proprio fosse un problema del metodo.
E questa era l’idea della cultura del tempo basata sul concetto di legge
fisico - matematica del Naturalismo. Già qualche anno prima in Italia, Giuseppe
II aveva istituito la “scuola
di metodo” che preparava i futuri insegnanti e nel 1884 la 1^ cattedra
di Pedagogia era chiamata “Scuola
Superiore di metodo”.
Nel 1859 la legge Casati organizza la preparazione dei maestri dando spazio alla cultura ed alla Pedagogia che doveva fornire una preparazione tecnico - metodica, compito che la Pedagogia si porterà fino alla Riforma Gentile del 1923, basata sul concetto filosofico che la preparazione di un insegnante da tecnico - professionale deve avere un taglio umano e culturale. Si trasforma così l’insegnamento della Pedagogia in insegnamento filosofico che si acquisisce con la lettura dei classici del pensiero. La riforma gentiliana abolì pertanto il tirocinio svolto in classici “modello” annesse alle scuole normali che si risolveva in una inutile perdita di tempo.
Da qui nascono vari aspetti della filosofia in base all’indagine che si opera:
Tutte
queste attività hanno un collegamento nell’unità
dello spirito.
La pedagogia
è dunque una scienza
filosofica,
pertanto può permettere di vedere più a fondo nella realtà, ma non dà la
soluzione ai problemi; può chiarire quali siano le leggi, principi e ritmo
dell’educare. Siccome EDUCARE è un impegno a risolvere problemi sempre nuovi
la pedagogia non può essere considerata una scienza pratica o normativa (piena
di regole), perché in questo caso toglie originalità all’atto educativo (che
è sempre assoluta libertà creatrice), illude il docente di possedere un
valido strumento al suo operare, privo invece di valore che lo distrae dal suo
compito: cercare soluzioni ai problemi restando sempre aderente alla realtà.
CONCLUSIONI
CODIGNOLA
pensa che ciò che caratterizza il maestro sia la sua personalità più che la
capacità tecnica o la cultura astrattamente considerata. Il suo pensiero per la
sua sensibilità di pensatore si ritrovano nella riforma GENTILE: preparazione
non è ricchezza di nozioni perché l’educazione non è un processo di
formazione eterodiretta sia pure condotta con criteri rigorosamente scientifici
tratti da biologia, fisiologia, psicologia , sociologia.
L’educazione
è una stimolazione di forze interiori che procedono per la loro via ed è
un’illusione pensare di indirizzarle e dominarle dal di fuori. Ma nessuna
scienza può darci il filo d’Arianna del misterioso labirinto di conoscenza ed
intelletto. La cultura scientifica può prepararci ad interpretare in modo più
adeguato reazioni e risposte, ma l’interpretazione ultima è sempre frutto
di intuito, in parte naturale, in parte potenziato e disciplinato
dall’educazione. Può parlare alla coscienza ed all’intelletto solo chi ha
imparato le lezioni dell’esperienza, ad accogliere le ragioni dell’altro, a
superare gli egoismi, i propri interessi. L’uomo colto non è chi sa molte
cose, ma chi sa bene quelle che sa, sia pure in un campo limitato ed ha
consapevolezza dei propri limiti. L’uomo colto non è chi ha una infarinatura
di tutto, ma chi è in grado di colmare le sue lacune.
In
conclusione CODIGNOLA
crede molto nell’uomo umile, sensibile, consapevole, piccole qualità che
rendono l’uomo grande ed anche un grande professionista: un suggerimento
valido in tutte le società di tutti i tempi.
Antologia da
Ernesto
CODIGNOLA “Avviamento alla studio della pedagogia”, LA NUOVA
ITALIA EDITRICE, Firenze,
1^ ed. 1938, pp.44/48
da
ed. 5^, 1967
Da esigenze analoghe è nato il problema del metodo didattico, vale a dire la ricerca di princìpi generali cui spetterebbe di guidare l'insegnamento scolastico.
Sin
dalle prime origini della didattica moderna, con Ratke e con Comenius nel '600,
il problema del metodo ha assunto un posto preponderante nelle preoccupazioni
dei pedagogisti. La suggestione esercitata dai trionfi dei nuovi metodi
d'indagine fisico-matematica, li indusse a ricercare un metodo naturale, che
presignasse "all’
istruzione una strada breve e giusta" . speciale,
sulla quale possa regolarsi e alla quale debba attenersi chiunque voglia
insegnare" (1- Cfr. il mio Problema educativo, II, pag.77). E già i
ratichiani ponevano il problema nei termini in cui rimase per tutto il secolo
XIX: da un lato didattica delle singole facoltà, dall'altro didattica delle
singole discipline da insegnare. La didattica deve possedere "i suoi saldi
fondamenti e determinate regole, che derivano così dalla natura
dell'intelletto, della memoria, dei sensi, anzi dell'intero uomo, come dalle
peculiarità delle lingue, delle arti e delle scienze" (2- Ivi). Comenius
“insegnate
le scienze, ma l’arte di insegnarle”, che all’uscire da essa, gli alunni
“non dovevano essere soltanto uomini istruiti, ma capaci d’istruire”, e
che finalmente si sarebbe visto una buona volta dominare un unico metodo
d’insegnamento in ogni punto della Francia, “il metodo della natura e del
genio” (1 -ALBERT DURUY, L’inst. Pub.
et la Rèvolution, p. 113).
Pareva al Lakanal, come ad altri enciclopedisti di educazione cartesiana,
che saper condurre l’intelletto degli altri come il proprio fosse meramente
problema di metodo. Né il caso era isolato. Tutta la cultura del tempo era
orientata in questo senso. L’ideale era il concetto di legge fisico -
matematica diffuso dal naturalismo. Già qualche anno prima, in Italia, quando
Giuseppe II istituì una scuola per la formazione dei maestri affidata a padre
Soave, la chiamò “scuola di metodo”, e la prima cattedra di pedagogia in
Italia, quella fondata nel 1844 a Torino dal governo piemontese e affidata
all’Aporti, fu denominata “scuola superiore di metodo”, da cui dipendevano
le “scuole provinciali di metodo” della durata di tre mesi.
Quando la legge Casati, nel 1859, organizzò per la prima volta con serio
discernimento la preparazione dei futuri insegnanti elementari, si capì che
doveva essere fatta larga parte anche alla cultura e la preparazione tecnico -
metodica fu riservata alla pedagogia e più tardi al tirocinio. Questo compito
affidato alla pedagogia nella preparazione dei futuri maestri durò, almeno in
Italia, sino alla riforma Gentile del 1923, che, muovendo dal concetto, cui era
giunto il movimento filosofico, che la formazione del futuro insegnante non si
deve intendere in modo grettamente tecnico – professionale, ma in un più
largo senso umano e culturale, trasformò l’insegnamento della pedagogia in un
insegnamento filosofico, da conseguire mediante la lettura diretta dei classici
del pensiero e per la medesima ragione abolì anche il tirocinio, che era fatto
in classi elementari così dette modello annesse alle scuole normali e si
risolveva per lo più in un perditempo inutile.
-
Giustificazione
dell’esigenza metodica
Non possiamo illustrare qui quale significato storico concreto questa
esigenza abbia sempre nei vari periodi. Ci limiteremo a pochi esempi. Con i
primi didattici del seicento, vedemmo, essa è collegata all’intuizione
naturalistica della vita spirituale, intuizione oggi inaccettabile, ma a suo
tempo originale e feconda. Per i primi organizzatori della scuola elementare e
di una più adeguata cultura degli insegnanti, scelti a lungo fra gente
sprovvista di qualsiasi preparazione, barbieri, sottoufficiali a riposo,
donnicciole ignoranti, la ricerca di una preparazione tecnico - metodica attesta
la preoccupazione del tutto giustificata di dare all’insegnamento elementare
una struttura, un’unità, una tradizione. In questo e in altri casi, per es.
nella travagliosa indagine pestalozziana di un “metodo elementare”, la
ricerca del metodo è un problema serio, nato da esigenze concrete e vitali,
anche se esso non era posto in modo chiaro. Ma quando della didattica e della
metodica si impadronirono nel corso del secolo passato i professionali della
scuola, herbartiani o no, privi di adeguata consapevolezza filosofica e sordi ai
profondi interessi umani, che non possono non costituire la trama del tessuto di
ogni insegnamento efficace, pullularono le oziose questioni metodiche astratte,
insulse e inconcludenti e soffocarono a lungo come vegetazione parassitaria i più
seri e vitali interessi pedagogici. Occorse allora un’energica reazione
rivoluzionaria per spazzare la scuola dai fastidiosi legiferatori a vuoto.
Si accentuò allora energicamente l’infecondità delle distinzioni e
suddistinzioni didattiche e l’inesistenza di un problema del metodo, come
alcunchè di avulso dal concreto procedimento dei singoli rami del sapere (il
metodo da seguire nell’insegnamento matematico non è altro che il concreto
processo con cui si costruisce la dimostrazione matematica, ecc.) o dalla
storica personalità del docente. Il metodo vivo, si proclamò allora, è il maestro.
Questo atteggiamento polemico contro la didattica metodologica fu una
necessità storica e come tale salutare, ma finì tosto, in menti poco adusate
al rigore filosofico, col degenerare in una presuntuosa e superficiale negazione
del faticoso e fecondo lavorio con cui la civiltà moderna è venuta creando
nella nuova scuola elementare una tradizione didattica, che non solo occorre
rispettare e arricchire incessantemente con le nostre indagini, ma considerare
come momento ineliminabile di qualsiasi azione educativa seria e proficua.
E’ un punto che merita di essere indagato un po’ a fondo.